IL FUTURO È STORIA Masha Gessen

IL FUTURO È STORIA, di Masha Gessen (Sellerio)

 

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Masha Gessen, “Il futuro è storia” (tit. orig.le “The Future is History”, 2017), traduz. Andrea Grechi, pp. 716, Sellerio Editore Palermo, 2019

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Masha Gessen è nata a Mosca, nel 1981 si è trasferita negli Stati Uniti per poi tornare in Russia dieci anni dopo. Giornalista in Russia ed attivista Lgbt durante gli anni Novanta, è stata redattrice capo della rivista russa “Vokrug sveta” ma nel 2013 è tornata a stabilirsi negli USA, a New York. La vita in Russia era diventata, per lei, ormai troppo rischiosa.

Per raccontare gli eventi che hanno profondamente trasformato il suo paese natale ed a parecchi dei quali ha assistito e partecipato anche in prima persona Gessen ha scelto, per questo libro che è in realtà una ricerca saggistica, un impianto e un ritmo che hanno molto del romanzo, ma i personaggi che vi compaiono sono tutte persone reali, quasi tutte viventi, con la maggior parte delle quali si è intrattenuta anche per anni in lunghi colloqui. Raccontando la vita quotidiana di un gruppo di individui lungo diversi decenni riesce a farci guardare e comprendere attraverso i loro occhi la realtà che li circonda.

Alcune di queste persone sono nate quando l’Unione Sovietica esisteva ancora, ma la loro esperienza si è formata quasi interamente sotto la presidenza di Vladimir Putin. Altri sono nati dopo la frantumazione dell’URSS e già nella Federazione Russa con la speranza di una nuova epoca democratica e l’avvento di trasformazioni radicali e inaspettate. Accanto a loro, di una precedente generazione, quelli che hanno attraversato la fine del comunismo si barcamenano cercando di immaginare nuove modalità per riempire il vuoto lasciato dal tramonto di un’era.

Da Gorbacëv a Boris El’cin, dalle Pussy Riot a Naval’ny, dal “filosofo” ed ideologo di riferimento di Putin Aleksandr Dugin sin dalla pubblicazione, nel 1994, del libro “Eurasia. La rivoluzione conservatrice in Russia” basato su quello che lui definiva “umanesimo estremista” sono tanti i personaggi che compaiono in queste pagine.

E c’è soprattutto lui, Vladimir Putin, raccontato da quando – inaspettatamente per tutti – successe al dimissionario El’cin fino al suo insediamento per il suo terzo mandato presidenziale ufficiale…

Si va da dalla “rivoluzione” e dalla perestrojka di Gorbacëv a El’cin e all’era di Putin attraverso momenti di speranza (speranza soprattutto di stabilità e di pace), le due guerre di Cecenia, l’annessione della Crimea, l’invasione della Georgia del 2008, il tutto attraverso continue trasformazioni legislative, politiche e sociali. I “Nastri Bianchi”, simbolo delle proteste … e l’ultima parte del libro, infine, in cui leggiamo una dettagliata descrizione di tutti gli strumenti della crescente repressione esercitata da Putin su chiunque – individuo, gruppo, movimento – tenti di dissentire.

Un intero, lungo e – almeno dal mio punto di vista – illuminante capitolo dal titolo “La minaccia arancione” è dedicato all’Ucraina. Aiuta molto a comprendere quello che sta avvenendo oggi e quanto da lontano venga la volontà del popolo ucraino di sottrarsi al potere di Mosca… l’Ucraina è comunque presente anche in molte altre pagine del libro.

Scrive Masha Gessen: “Il giro di vite, le guerre, e anche il ritorno della Russia al suo antico ruolo sulla scena internazionale sono cose effettivamente avvenute, di cui sono stata testimone, e io volevo raccontare quella storia. Ma volevo anche raccontare quel che non è avvenuto: la storia della libertà che non è stata abbracciata e della democrazia che non è stata desiderata”.

E’ un libro, il suo, che illustra non solo che cosa ha significato vivere in Russia negli ultimi trent’anni, ma anche cos’è stata la Russia in questo lasso di tempo, cos’è diventata e in che modo.

Masha Gessen è autrice di diversi libri, tra cui “Putin. L’uomo senza volto” e “I fratelli Tsarnaev. Una moderna tragedia americana”, su due ceceni responsabili dell’attentato alla maratona di Boston del 2013.

“Il futuro è storia” ha vinto il National Book Award 2017 ed è stato finalista al National Book Critics Circle Award.

Recensione di Gabriella Alù

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