
I FIGLI DELLA POLVERE, di Arnaldur Indridason (Guanda – luglio 2021)
Palmi, durante una visita, assiste impotente al suicidio del fratello Daniel, da anni ricoverato in un ospedale psichiatrico. Un volo dalla finestra mette fine alla vita disperata di un uomo che dall’adolescenza non è più riuscito a trovare pace.
Un destino disgraziato che accomuna Daniel, i suoi compagni di classe – quasi tutti scomparsi in modo tragico – e anche il loro professore, che quasi contemporaneamente col suicidio di Daniel viene trovato morto nell’incendio della sua casa. Troppe coincidenze su cui iniziano a indagare due poliziotti che più diversi non si può, fino a svelare il mistero col colpo di scena finale.
Per i miei gusti si tratta però di un libro riuscito a metà: scritto in modo scorrevole, con personaggi ben delineati, una storia abbastanza intrigante.
Peccato per quel finale, che vorrebbe essere uno sguardo su un futuro terrificante, ma che invece mi ha fatto pensare (con un sorriso) ai “baccelloni” di Totò sulla luna (1958), i fagioloni germinatori da cui nascono Cosone 1 e Cosone 2.
Insomma mi sa che con questo autore ci devo riprovare.
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