DOVE NON MI HAI PORTATA Maria Grazia Calandrone

DOVE NON MI HAI PORTATA, di Maria Grazia Calandrone (Einaudi – ottobre 2022)

 

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Recensione 1

Cerco nella commozione che ancora mi pervade il giusto ordine alle parole.

La giusta distanza, necessaria a raccontare questa storia che trascina in sé il peso ed il dolore della verità. Una verità che l’autrice ricerca in maniera lucida ma maniacale, trattenendo “il cuore accanto”: né troppo dentro a confondere, né troppo lontano a dimenticare.

Maria Grazia Calandrone, che è poeta (ed io questo non lo sapevo ma l’ho compreso leggendone la vibrante prosa), plana con leggerezza sul vissuto della madre naturale, Lucia, rivolgendo a Lei una perpetua carezza, che è conforto e perdono.

Non avendo di Lei alcun ricordo, la riporta a nuova vita.

Come nei libri di storia i grandi, così Lucia, prende forma e anima attraverso le parole di Maria Grazia.

“Rinascerai, Lucia, anche solo a parole. È tutto quello che posso.”

Maria Grazia ha bisogno che sua madre diventi reale, probabilmente per renderle il commiato che non le è stato concesso renderle. Ma soprattutto ha bisogno di spiegare a se stessa e al mondo chi era Lucia, cosa ha vissuto Lucia.

Ha bisogno di denunciarlo, che Lucia “ha ventinove anni, è innamorata, ha una figlia neonata. Se solo non trovasse davanti a sé solo strade chiuse, Lucia vivrebbe, forse ancora..”

Ma Lucia appartiene ad un tempo lontano, o almeno così ci piace immaginare. Ad un periodo di mezzo in cui l’emancipazione femminile sta affacciandosi lentamente al mondo, ma ancora non è presente tra le retrovie della gente. Figurarsi nelle piccole realtà contadine come quelle da cui Lucia proviene.

Lucia è per la famiglia una merce di scambio, un’occasione per un buon affare. Viene umiliata e vessata, non amata, ripudiata fino alla fine della sua vita.

Lucia è la vera vittima dell’abbandono. Di un disamore che non le dà alcuna chance di salvezza, che è puro egoismo e non opportunità. Lucia è sacrificata sull’altare di una cultura gretta, patriarcale e maschilista, in un paese – l’Italia – il cui diritto di famiglia viaggia ancora su due velocità, dove la discriminazione tra uomo e donna non fa ancora abbastanza rumore.

Lucia è vittima di violenza. Una violenza avallata e condivisa dal sistema culturale e valoriale del tempo. Una violenza di massa, dalla quale non riesce a fuggire, ovunque vada se la ritrova addosso.

Ma Lucia non si piega, piuttosto si spezza.

Lei vuole vivere, vuole tornare a brillare. Ci prova con tutte le sue forze. Ma alla fine ne vedremo dissolversi l’essenza e tutta la sua bellezza.

L’abbandono che Lucia subisce è del tutto diverso da quello che prepara e infine compie.

Questo Maria Grazia lo sa, la verità è nei fatti che analizza, ricostruisce, forse, ad un certo punto accarezza, che legge come un testamento postumo d’amore dei suoi genitori verso di Lei.

“L’amore di Lucia per me […] sta nel Dove non mi ha portata.”

Pagine che alternano il freddo registro della cronaca, ben incastonato nel contesto sociale, culturale economico e legislativo del tempo, a frangenti di elevata poesia.

Che non è mai autocommiserazione, ma balsamico perdono.

Un rimpianto misto amore.

È un testo altissimo, di cui ho detto forse troppo.

Leggetelo.

Recensione di Paola Greco

 

Recensione 2

Ho il piacere di conoscere, per il momento solo virtualmente, la poliedrica poetessa e scrittrice Maria Grazia Calandrone dal 2009. Seguo la sua storia personale da quando l’ ha resa pubblica e ha condiviso con i suoi amici ogni momento di scoperta del passato, il suo passato così misterioso e sofferto.

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In questo libro ripercorre le sue origini, quando a otto mesi è stata lasciata su una coperta, sotto un albero, in un parco, a Roma. Senza un biglietto. Ma una lettera inviata ad un giornale in cui sono scritti i dati anagrafici della piccola, e la volontà suicida dei suoi genitori, Lucia e Giuseppe.

Maria Grazia vuol conoscere tutti i particolari, vuol sapere chi era Lucia, sua madre e capire perché l’ ha abbandonata. E lo fa attraverso gli articoli sui giornali di quel tempo (1965) ed andando nei luoghi in cui ha vissuto Lucia , interrogando coloro che l’hanno conosciuta. Ne esce un ritratto molto sofferto. Lucia, da bambina dimostra di essere molto intelligente, anche se riesce a frequentare pochi anni scolastici, solo la matematica non le piace. Il suo primo amore si chiama Tonino, ma il padre non vuole perché è uno senza soldi. La fanno sposare per forza con un uomo a cui non piacciono le donne ed è anche manesco. Conosce Giuseppe ,più grande di lei e sposato, i due si innamorano e concepiscono Maria Grazia. È un’epoca particolare, in cui la donna adultera commette un reato punibile col carcere. La loro vita sarà complicata anche dal poco o nulla lavoro disponibile. Non vogliono che la piccola debba soffrire, per lei desiderano una vita migliore.

Un libro davvero toccante, una storia i cui particolari ti entrano dentro, in ogni cellula del tuo corpo, i recettori ne catturano l’essenza ,cerchi di metterti nei panni di Lucia, lei così esile come corporatura ma forte di carattere e piena di vita, ma che le regole della società rendono fragile e soprattutto le sbarrano ogni via di speranza. E poi c’è Maria Grazia che ha bisogno di sapere , di capire e lo fa meticolosamente come una vera detective professionista, aiutata dalle brillanti intuizioni della figlia Anna.

Mi sono emozionata moltissimo, ho pensato a mia Madre, a tutte le volte che non l’ ho capita ed aiutata, a tutte le parole che non le ho detto, a quando me ne sono andata e dopo qualche ora Lei non c’era più.

” Vengo a prenderti, adesso che ho il doppio dei tuoi anni e ti guardo , da una vita che forse hai immaginato per me.

Adesso vengo a prenderti e ti porto via.

Lucia, dammi la mano”.

Recensione di Giusy Luvarà

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