Abbiamo intervistato lo scrittore Marco Erba che ci ha presentato il suo ultimo romanzo “Il male che hai dentro” e condiviso con noi molte riflessioni

Marco Erba

 

Come prima domanda le chiederei di presentarci il suo ultimo romanzo “Il male che hai dentro”.

Il male che hai dentro parla delle ferite che tutti portiamo con noi e che la vita a volte ci infligge. Queste ferite possono lacerarci a tal punto da farci costruire intorno una corazza, che spesso ci porta a colpire gli altri, a distruggere, per paura di essere feriti di nuovo. Ma le ferite possono anche essere solchi che fioriscono: le ferite possono generare empatia, possono insegnarci a fare della nostra vita un dono, a curare a nostra volta le ferite degli altri: questa è l’unica strada per guarire anche noi. Eli e Cristian, i due adolescenti protagonisti del libro, anche grazie a delle figure significative dal punto di vista educativo, uno zio e un allenatore, fanno esattamente questo percorso.

 

 

I protagonisti di questo come di altri suoi romanzi sono ragazzi e lei deve averne incontrati diversi nella sua vita professionale. Quanto sono di ispirazione per le sue storie e quanto è difficile raccontare il loro mondo?

Se non fossi un prof non potrei essere uno scrittore. I miei libri nascono tra i banchi di scuola, dai temi che leggo, dalle parole scambiate con gli studenti all’intervallo o al cambio d’ora, dalle discussioni in classe. Una volta una studentessa ha letto un mio romanzo, mi ha abbracciato e mi ha detto: “Nella vita ho fatto molta fatica. Ma ora, grazie al tuo libro, sono certa che ce la farò lo stesso, che riuscirò ad essere felice.” Quelle parole sono state un regalo bellissimo e sintetizzano perfettamente il motivo per cui scrivo: regalare speranza agli adulti di domani e di oggi. Senza negare le fatiche, ma dicendo che possono diventare una rampa di lancio.

Il fenomeno delle baby gang ha portato molte persone a riflettere sull’importanza di combatterlo a suon di cultura. Cosa si può fare nel pratico in questo senso?

Regalare bellezza. La bellezza è l’antidoto alla voglia di distruggere. Mio nonno Doroteo, nato nel 1924, dopo la quinta elementare non ebbe più la possibilità di studiare, ma era un lettore voracissimo e mi ripeteva sempre: “Studia non per obbligo, ma per passione. Se studi, scopri che il mondo è meraviglioso; se scopri che il mondo è meraviglioso, ti chiedi cosa puoi dare tu di buono al mondo; se scopri cosa puoi dare di buono al mondo, scopri la strada della felicità”. La bellezza è contagiosa. Una poesia, un’opera d’arte, un film, una serie tv, lo spettacolo dell’universo possono aprire il cuore e cambiare la vita.

 

 

Cambiando leggermente scenario vorrei chiederle qualcosa di “Città d’argento”, in primis cosa l’ha portata ad affrontare un argomento drammatico come la guerra nei Balcani.

 Sono andato in Bosnia per caso, grazie a un ex collega che era stato lì durante la guerra degli anni Novanta a portare aiuti umanitari. Mi sono subito innamorato di quella terra, dove le ferite ancora si vedono, ma dove si incontrano persone capaci di costruire un domani migliore, nonostante tutto. La prima volta che sono arrivato a Srebrenica, città il cui nome tradotto in italiano significa proprio “Città d’argento”, non sapevo quasi nulla del genocidio terribile che lì era stato perpetrato. Poi ho visto le tombe e gli oggetti che sono serviti a indentificare le persone gettate nelle fosse comuni. È stato come un grido dentro di me, volevo dare voce a quella storia. Ho scelto di farlo con un romanzo dedicato anche a un pubblico di giovanile, perché quella storia di ieri può offrirci delle utili chiavi di lettura per capire il domani dell’Italia e dell’Europa.

 

Città d'argento recensioni libri e news

 

Tempo fa lessi un bel saggio di Paolo Rumiz sull’argomento, “Maschere per un massacro”, secondo lei cosa non è stato capito fino in fondo di quel conflitto e degli strascichi che si è portato dietro?

All’epoca della guerra in Bosnia frequentavo la scuole medie. Quel conflitto fu raccontato male, in modo semplicistico: come se quelle etnie fossero impazzite e avessero cominciato a massacrarsi a vicenda. Ma la guerra in Bosnia nascose interessi grossi ed ebbe precisi mandanti. Le etnie e le religioni furono strumentalizzate consapevolmente per abbattere ponti e costruire muri. Quel paese, dove le chiese sorgono accanto alle moschee, si trovò sprofondato in un incubo che nessuno si aspettava. Eppure oggi quella terra piena di contraddizioni può essere segno di una convivenza possibile tra identità differenti che generano ricchezza. Per questo è importante parlarne e conoscerla.

Tornando a una panoramica della sua produzione letteraria le faccio una domanda forse un po’ scomoda: se dovesse indicare a un lettore che non la conosce uno dei suoi romanzi per entrare in sintonia con il suo stile quale sceglierebbe?

Domanda scomodissima. Ma non mi sottraggo: se costretto direi “Il male che hai dentro”. Uno scrittore cerca sempre di migliorarsi, per cui non potrei che indicare il mio ultimo romanzo.

 

 

Il mondo dei Social è sempre più spesso la principale fonte di interazione tra i giovani e non solo. Qual è il suo rapporto con questa dimensione di cui ha parlato anche nel romanzo “Fra me e te”?

Mia figlia di dodici anni dice che sono un boomer e sono cringe per quello che posto. Sono ben lungi dall’essere un influencer e di certo non sono abile nell’utilizzare i social. Ma i social mi hanno regalato anche soddisfazioni: lettori che mi scrivono da ogni parte d’Italia, inviti ad incontri sui miei libri che mi arrivano attraverso quei canali, recensioni critiche o sorprendenti. In generale, ritengo i social uno strumento neutro: possono essere dannosissimi o utilissimi. C’è chi fa cultura in modo ironico e leggero attraverso i social: costoro hanno la mia stima, inclusi diversi booktoker anche giovanissimi.

Per concludere una curiosità. Data la vastità dei temi trattati, della modernità e dei messaggi che trasmette non crede che le sue opere possano essere meritevoli di una trasposizione filmica?

Grazie per il complimento. Se qualche produttore si facesse avanti, sarei molto contento di vedere i miei personaggi sul grande o sul piccolo schermo…

 

Intervista di Enrico Spinelli

 

 

 IL MALE CHE HAI DENTRO Marco Erba

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CITTÀ D’ARGENTO Marco Erba

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