Abbiamo intervistato la scrittrice Sarah Savioli che ci ha parlato del suo personaggio Anna Melissari e delle sue avventure

Abbiamo intervistato la scrittrice Sarah Savioli che ci ha parlato del suo personaggio Anna Melissari e delle sue avventure, regalandoci inoltre alcune interessanti riflessioni che vanno al di là della dimensione narrativa.

-Per cominciare ci parli del suo nuovo romanzo “I selvatici”, quarto capitolo della serie di Anna Melissari.

Prima di tutto grazie per l’ospitalità e un caro saluto a tutti i lettori. Allora, in questa quarta avventura, Anna si ritrova per la prima volta ad affrontare un caso in trasferta. In un rifugio sugli Appennini che dà lavoro a persone che fuggono dalla guerra e sono in attesa della regolarizzazione della loro posizione, scompare un ragazzo siriano benvoluto da tutti di nome Yasser. Chi meglio di Anna può scoprire dove sia finito? L’investigatrice in grado di parlare con piante ed animali infatti, in un ambiente fatto di boschi sterminati, ha innumerevoli testimoni in grado di raccontarle per filo e per segno che cosa sia accaduto. Ecco, teoricamente dovrebbe andare così e invece… e invece le cose si rivelano molto diverse dall’atteso.

 

Sarah Savioli

-Come è evoluto il personaggio di Anna in questi anni? Si aspettava quando è uscito “Gli Insospettabili” che sarebbe stato un personaggio tanto amato?

Anna è una donna che si interroga, che viene a contatto con il buio dell’animo umano e scopre quanto sia sottile la linea che definisce il giusto e lo sbagliato, quanto sia facile cadere. Ogni caso le lascia segni permanenti, lei non dimentica nulla, ma cerca di fare di ogni esperienza un volano per diventare più fragile e dubbiosa per certi aspetti, ma in generale anche una persona migliore. Lungo questo percorso comincia finalmente a decidere di riconoscersi spazi e una dimensione che non si era mai concessa e questo perché diventa più saggia. E la saggezza vuole che si capisca che l’amore per gli altri e degli altri non dipende dal fatto di immolarsi per spirito di sacrificio, ma dalla capacità di dare tutto quello che si può con generosità, senza perdere sé stessi e abbandonare ciò in cui si crede.
E no, non avrei mai immaginato tanto affetto.  Non mi capacito ancora del tutto di quanto sia successo e stia succedendo con Anna. So solo che mi sento infinitamente grata per tutto questo e che ogni mattina, quando mi alzo, ringrazio perché ho davvero ricevuto molto più di quanto avrei mai potuto sognare.

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-Sicuramente oltre ad Anna piante e animali sono protagonisti, ma ritengo che una figura tutt’altro che secondaria sia il piccolo Luca. Là dove gli adulti sembrano non farsi troppe domande e non mettersi in discussione lui con domande semplici ci porta a riflettere sulle cose più elementari… e fondamentali, condivide?

Condivido. Luca è proprio questo. Di fronte a un mondo adulto che si arrocca sulle proprie certezze e i dogmi che ha deciso di rendere baluardi inespugnabili, Luca chiede, si domanda, prova curiosità e dubbi. E i bambini fanno questo almeno finché ci riescono e non vengono “disinnescati” da una società che sostanzialmente ne ha un’incredibile paura.

-Anna per colpa- o merito- di un ematoma del cervello riesce a parlare con gli animali e le piante e questi la aiutano nel risolvere i casi. Possiamo immaginare, fuori di metafora, che una maggiore attenzione e armonia con la flora e fauna che ci circondano potrebbe aiutarci a risolvere le nostre principali preoccupazioni?

Non saprei. Diciamo pure che Anna, dopo un grosso problema di salute, scopre che il mondo è diverso da quello che aveva sempre pensato che fosse e comincia a sentire cose che prima non sentiva, a vedere ciò che prima non notava. E questo è ciò che alla fine ci accade sempre quando dobbiamo fare i conti con qualcosa che ci spariglia le carte e ci fa capire che siamo molto fragili. L’armonia con la flora e la fauna possono senza dubbio aiutarci a stare meglio, ma temo che ora come ora l’unica cosa che possa risolvere le nostre principali preoccupazioni sia cominciare ad affrontare le situazioni molto gravi che ci stanno circondando con grande onestà intellettuale e  con un impegno vero e concreto per fare tutto ciò che ci è possibile per dare il nostro contributo positivo.

-Piante e animali dei suoi romanzi hanno una personalità e un carattere ben definito. Quanto è difficile rendere credibile tutto questo?

A dire il vero non so dare una risposta razionale. Quando scrivo di piante e animali parlanti, solitamente lascio davvero andare completamente le briglie della fantasia. Su questo tipo di personaggi non pianifico nulla, si muovono quasi di vita propria. Lo so, è un processo creativo un po’ balordo, ma questo è e spesso mi va bene perché l’armonizzazione con il giallo che invece richiede una maggiore programmazione potrebbe essere critica e solitamente però per ora mi riesce. Con alcuni lettori l’alchimia funziona e si fidano di me lasciandosi trasportare. Con altri che invece non apprezzano questo tuffo nel surreale e sono più amanti del concreto è normale che ci sia un impatto faticoso e non sempre risolvibile. Se però uno scrive di platani parlanti deve anche saperlo e accettarlo. Anche perché se c’è una cosa meravigliosa del mondo della lettura è la libertà come scrittori di poter scrivere ciò che risuona nella testa e nel cuore e la splendida libertà dei lettori di sentirsi più o meno affini con certe narrazioni.

-Viviamo in un epoca in cui non solo non dialoghiamo con l’ambiente ma alle interazioni preferiamo spesso l’uso dei Social Network, lei che rapporto ha con questa dimensione?

Domanda difficilissima e importantissima. Con i social Network ho un rapporto molto complicato e non solo perché devo utilizzarli per lavoro. Mi hanno permesso negli anni di ritrovare vecchi amici, di scoprirne di nuovi divenuti rapporti cardine nella mia vita. Spesso vi trovo riflessioni interessanti e che faticherei a trovare altrove. I contro li sappiamo purtroppo tutti molto bene: un’aggressività molto elevata, una polarizzazione perenne delle posizioni che non crea confronto e crescita, ma dei muro contro muro. Non credo che i social debbano essere smantellati. DI fatto hanno allargato il nostro mondo di contatti e conoscenze. Credo che però sia necessario tornare tutti a ridimensionarli sapendo che sono solo una piccola parte della nostra opportunità di contatto con gli altri. E dovremmo (lo dico anche a me stessa) ritornare a prendere il caffè nei bar, mangiare una pizza con gli amici, uscire alla sera anche se fa freddo e recuperare quella dimensionalità di contatto fisico che abbiamo progressivamente perduto. Le piazze non sono quelle dei social. E i social sono uno strumento da usare, non qualcosa che usa noi. Dobbiamo costruire semplicemente nuovi equilibri e dobbiamo farlo presto.

-Un’ultima curiosità: credo che poter dialogare come Anna sia il sogno di gran parte di noi- a parte il timore che avrei nel sentire cosa avrebbero da dirmi le piante del mio terrazzo- cosa crede ci direbbero per prima cosa, anche considerando la situazione attuale della nostra società?

Credo che i nostri compagni di pianeta non ci direbbero cose brutte. Sono molto più capaci di comprensione e perdono di quanto non sia la nostra specie un po’ troppo piena di sé e presa da deliri di onnipotenza e negazione di ogni errore. Credo che ci direbbero solo che sono tanto dispiaciuti. Tanto dispiaciuti perché davvero, se solo ci fossimo sforzati anche solo poco, se solo avessimo avuto un briciolino di rispetto e amore in più, su questa pallina di terra che gira intorno al sole saremmo potuti vivere tutti quanti molto meglio.

Come conclusione ovviamente: grazie di cuore per la sua disponibilità.

Grazie infinite a voi. Un forte abbraccio.

Intervista di Enrico Spinelli

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