SUTTREE Cormac McCarthy

SUTTREE, di Cormac McCarthy

Questa è una delle letture più impegnative che abbia mai affrontato, una viaggio allucinato, onirico, eppure così reale.

SUTTREE Cormac McCarthy Recensioni libri e News UnlibroIo ve lo dico, di fatto questo non è un libro, è un fiume e, come tale, va lasciato scorrere nella nostra mente senza la pretesa di comprenderlo completamente né, tantomeno, quella di poterlo imbrigliare in qualche canale della ragione.
La storia è quella di Suttree, un uomo tra i trenta e i quarant’anni che rinuncia alla vita borghese e si ritira sul fiume Tennessee, nella orribile periferia di Knoxville, in mezzo ai relitti umani, agli arbusti selvaggi, a una natura inquinata dalle scorie della città; una natura ostile, estranea, che non da’conforto.

Suttree vive pescando carpe e pescigatto nelle acque limacciose del fiume, in una fetida casa galleggiante, completamente solo; incontrerà personaggi fenomenali: “ladri, derelitti, miscredenti, paria, poltroni, furfanti, spilorci, balordi, assassini, giocatori, ruffiani, troie, sgualdrine, briganti, bevitori, ubriaconi, trincatori e quadrincantori, zotici, donnaioli, vagabondi, libertini e debosciati vari” e vivrà episodi tragicomici, surreali.

Ma allora qual è la forza di questo romanzo così lugubre?

 

Innanzi tutto il linguaggio erudito, altissimo, talmente ricco di vocaboli nelle descrizioni accuratissime dell’ ambiente, che si rinuncia molto presto a cercare di comprendere tutto e, come dicevo, lo si lascia piuttosto scorrere: la storia si svolge tutta sul fiume, elemento primordiale, antico, ricco di sapienza preistorica, e va assaporata come tale. Bisogna cercare di cogliere l’essenza, più che il particolare.

Inoltre in questo romanzo McCarthy esprime al meglio la sua personale concezione metafisica dell’esistenza umana. Non c’è un essere compiuto che veglia su questa povera umanità, tutto è sempre in movimento; siamo governati da forze primordiali e, di fatto, non siamo molto diversi dalle amebe che nuotavano negli oceani in raffreddamento sulla Terra milioni di anni fa.

“Non è che non credo in Dio, è che non mi piace” dice a un certo punto uno dei personaggi più significativi.

Non c’è amore (questo sì che è un grande libro sulla mancanza di amore) né sentimentalismo o vera empatia: c’è però una pietà, nel senso più alto del termine, che persiste in tutta la storia. Come un velo di misericordia che si stende sui personaggi perché, se è vero che non esiste redenzione o nobiltà d’animo per questi miserabili, altrettanto verosimilmente non esiste alcun giudizio o condanna.

 

In questo incubo allucinato, se si ha la pazienza di aspettare (esattamente come un pescatore mentre attende che qualcosa abbocchi alla sua lenza) arriveranno momenti altissimi. O forse sarebbe più corretto dire bassissimi: momenti di grande profondità, che svelano tante cose sulla natura umana.

Io davvero non so se consigliare questo romanzo, capisco non sia per tutti ma solo per coloro che in qualche modo hanno interesse a rimestare in acque torbide.

State dunque attenti se decidete di avventurarvi perché, come Nietzsche ha ben insegnato, “se guarderete nell’abisso, anche l’abisso guarderà dentro di voi”

Recensione di Nicoletta Tamanini

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