Prima di tutto LEGGERE!

Prima di tutto LEGGERE!

Dicono che chi legge libri, romanzi in genere, elabori un mondo proprio.

Per un lettore conta solo quello che alberga nella sua testa, il resto conta poco o niente.

Poco importa quello c’è fuori, il mondo che ruota attorno. Non è distaccato dalla realtà. La costruisce a modo suo, cercando di applicare teorie che altri considerano fuori dal mondo.

Poi c’è l’ottuso, colui che attribuisce alla propria idea, al suo pensiero, l’insindacabile verità inconvertibile. Insomma, non ammette l’esistenza di più realtà o meglio ancora di una realtà parallela.

La mia natura curiosa mi spinge sempre a interessarmi di storie ucroniche, storie alternative possibili, di quei generi letterari che raccontano esiti esiti storici diversi da quelli che realmente si sono verificati ma non solo, anche come ho detto prima, di realtà parallele non percepibili.

La fantasia nella fantasia. Ecco perché adoro Haruki Murakami.

D’altronde dicono che leggere apre la mente. Non amo i luoghi comuni, né le frasi fatte.

Le trovo di una banalità imbarazzante e forse davvero si avverte il bisogno di scoprire e inventare nuovi linguaggi e tutto questo è possibile, senza stravolgere la bellezza della nostra lingua, sia nello scritto che nel parlato.

Ma d’altronde, come potrei comprendere appieno e in modo appagante la complessità della mente umana, la forza e la debolezza se non avessi letto Dostoevskij?

Il mondo è in continua evoluzione e chi resta indietro a mio avviso lo fa per scelta, o peggio ancora per ostracismo, ancorato a vecchi cliché di un retaggio culturale duro a estinguersi.

Ecco perché amo i giovani di oggi. Li trovo molto interessanti, anche se sono penalizzati da una musica infima a differenza della mia generazione e di quella a ritroso, anche se qualcosa di buono c’è.

Anche nel fango, rovistandolo, una pepita d’oro la puoi sempre trovare. Ma questo è un altro discorso.

La lettura è molto di più; si ha la possibilità di comprendere le diversità, la complessità degli eventi, capire e interagire con le pluralità.

E poi, non trovate affascinante che anche a settant’anni, un’età presa a caso e quindi simbolica, ci si può svegliare con la voglia di sognare ancora?

O anche ancora che un bambino di 8 anni si metta a conversare con la nonna parlando di un amichetto che “rimarrà sempre una schiappa e a lui tutto sommato sta bene”?

Di Massimo Gadaleta
Prima di tutto LEGGERE!

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