PREMIO VIAREGGIO 1972: IL BOTTONE DI STALINGRADO, di Romano Bilenchi (Vallecchi)
Finalmente mi sono deciso a leggere questo romanzo che tenevo sugli scaffali della libreria da tempo. La primissima edizione uscì nel 1972 da Vallecchi.
Non avevo mai letto niente, prima, di Romano Bilenchi, uno scrittore che si può inquadrare, in senso generale come un intellettuale, engagé, del secolo scorso, anche se con caratteristiche proprie del tutto particolari.
Non credo di sbagliarmi nel definire “Il bottone di Stalingrado” come un romanzo essenzialmente politico. Un romanzo composto da tre parti, distinte anche se collegate tra loro.
Attraverso la vita e le vicissitudini dei giovani protagonisti del romanzo: Marco, Paolo, Mario, Lina e altri, Bilenchi ci racconta nientemeno che la nascita del fascismo in Italia, la resistenza e il dopoguerra.
Il suo modo di scrivere è estremamente essenziale, crudo, tale da oggettivare al massimo la sua narrazione.
Tuttavia, le storie di vita che racconta Bilenchi non sono da interpretare solo in senso politico, o storico, ma anche rispetto alle dimensioni esistenziali e valoriali dei giovani di allora, alla loro fatica del crescere e diventare adulti consapevoli in tempi così difficili, di grandi contrasti.
Tempi in cui la violenza e la sopraffazione erano all’ordine del giorno, così come un mondo di adulti spesso contrassegnato da indifferenza e autoreferenzialità.
Ecco allora che l’amicizia e la solidarietà rivestiranno un ruolo fondamentale per i giovani al centro del romanzo.
Da un punto di vista politico e storico, invece, il libro racconta, in sintesi, la lotta di tanti per creare un mondo migliore, più libero e giusto, senza fascismo e prevaricazione, ma anche la delusione che ne seguì nei primi anni della Repubblica, quando ancora le forze dell’ordine continuarono a reprimere gli operai e i lavoratori che lottavano per i loro diritti.
Concludo riportando la frase che l’autore fa dire ad un anziano dopo che in una manifestazione rimangono uccisi due operai: < Non credevo finisse così>.
Recensione di Algo Ferrari
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