PREMIO STREGA 1974: LA MORTE DEL FIUME, di Guglielmo Petroni (Mondadori)
Dopoguerra: Stefano e Sante ritornano a distanza di anni nella loro città, Lucca, per un breve viaggio. Quante cose sono cambiate, quante sono rimaste uguali? L’itinerario dei ricordi risale il fiume della memoria, da dove lentamente riaffiorano vicende passate, vissute all’ombra dei cortili, di una Lucca popolana, bigotta, invadente e pettegola, pronta a chiudere occhi e finestre alla storia che passa e che inevitabilmente viene a bussare il suo credito alla porta di casa. Gli anni tra le due guerre, il fascismo, la resistenza riemergono dal buio, come ferite cauterizzate da chi ha patito ingiusto esilio, per cercare oggi con gli strumenti della ragione di decifrare la dicotomia amore/odio, nella ricerca dei passi di un tempo, di un’altra vita ormai andata irrimediabilmente perduta. Come ne “La luna e i falò” di Pavese il viaggio e il ritorno scontano la piaga del dolore dello sradicamento, del mutamento di luoghi e persone: ma mentre la guerra in Piemonte ha i morti in collina e sapore di cenere, Lucca ha mura impassibili, chiese di marmo, sepolcri imbiancati ove seppellire il recente passato.
Premio Strega 1974, “La morte del fiume” è un romanzo di un autore che a Lucca ha in memoria una terrazza sul Serchio, nient’altro, patendo il destino di tutti coloro che hanno provato a elevarsi al di là delle mura, per venire trafitti dal fuoco amico delle frecce al veleno di invidia ed oblio.
Recensione di Riccardo Del Dotto
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