PIÙ ALTO del MARE Francesca Melandri

PIÙ ALTO del MARE, di Francesca Melandri (Bompiani – giugno 2022)

 

La Melandri mi ha abituato a letture di impegno per temi trattati sul piano storico e sociale e mi ha spesso appassionata o addirittura sconvolta. Questo suo secondo libro (pubblicato nel 2012) mi è sembrato di tono minore: non certo per le scelte d’argomento e di contesto storico, anche qui coraggiose, ma per una più fragile struttura narrativa ed alcune situazioni della vicenda a parer mio superflue. Con tutto ciò non voglio dire di non aver letto volentieri il libro, sia chiaro.

Il contesto storico è quello degli anni ’70 del Novecento, gli “anni di piombo”, del terrorismo, anzi siamo proprio a fine decennio, come si coglie dal riferimento all’ uccisione di Aldo Moro.

Si guarda a quel periodo da una prospettiva particolare, e non certo estranea: un carcere di massima sicurezza, dove scontano la pena terroristi, violenti, pluri-assassini, ed anche pedofili.

Ma più delle storie di questi individui, in primo piano sono quelle di “altre vittime”: i loro familiari, colpiti dalle conseguenze delle azioni delittuose così come lo sono i parenti degli uccisi. Vite, dei primi e dei secondi, stravolte e segnate dal lutto a vita.

Paolo e Luisa, due persone diversissime tra loro, si incontrano per la prima volta in occasione di una visita ai loro congiunti, rispettivamente figlio e marito, detenuti appunto nell’Isola.

Il nome non viene mai detto, ma è chiaro dalle descrizioni e da alcuni riferimenti che si tratta dell’Asinara. E del resto l’ Isola rappresenta tutte le isole-carcere, esistite o esistenti; ma è anche metafora della separazione dalla società, dal contesto familiare e sociale.

A causa di un’ improvvisa burrasca, il traghetto che dovrebbe portarli indietro non può viaggiare e questo costringe i due a permanere un giorno in più nell’isola; in tal modo avranno l’opportunità di conoscersi e di entrare in contatto con Nitti, una guardia carceraria. Si può dire che costui è un terzo protagonista: uomo onesto e di sentimenti positivi si trova, dopo anni di lavoro ” dentro” il carcere, a fare i conti con un carattere reso diverso, ad essere “prigioniero” di un ruolo. Pasolini non lo avrebbe appellato certamente “servo dello Stato”!

Se l’ho considerato terzo protagonista, è comprovato anche dal fatto che di lui (e della moglie) conosciamo il nome così come dei due protagonisti principali ( e dei loro familiari).

Nessun altro è chiamato per nome!

Ma veniamo a Paolo e Luisa.

L’ incontro tra i due susciterà nel loro animo una sorta di balsamo che lenirà il dolore che portano dentro, sanerà il vuoto generatosi nelle loro esistenze, pur senza modificarne il percorso. (E questo mi pare narrativamente interessante!)

Ecco, a parer mio, è il dolore il tema centrale del libro, un dolore profondo che provano i due, diverso per le diversità delle loro condizioni e culture, ma che ugualmente li ha resi indifferenti alla vita, morti alla felicità: soffocato dai dubbi come genitore ed educatore Paolo, che quasi non riconosce il figlio; tutto fisico quello di Luisa, presa nelle fatiche quotidiane e nelle responsabilità verso i figli.

Il merito della scrittura dell’autrice sta nel contrapporre questo loro dolore alla bellezza dell’ Isola ( sempre con la maiuscola) , bellezza che sembra esagerata a confronto con le vite violente, spezzate, inselvatichite, che racchiude e che gli stessi Paolo e Luisa inizialmente sembrano non vedere. Anche di fronte all’ imperversare della mareggiata le loro impressioni sono differenti. A piccoli gesti, poi, con il nascere della tenerezza reciproca, a loro si aprono gli occhi anche di fronte a quella bellezza. I gesti, i silenzi, gli sguardi, lo stringersi le mani, le poche parole divengono eloquenti e più che sufficienti al recupero delle loro emotività.

Emblematico è il verbo “portare”, nel senso di portare insieme un peso; il riferimento è questo: Paolo teneva nel portafoglio la foto della bimba orfana dell’uomo ucciso da suo figlio; prima di separarsi da Paolo Luisa decide di “portare” lei, nel suo portafoglio, questa foto. E lo farà per sempre!

Il gesto semplice, generoso, di una donna capace di solidarietà, è più che importante e significativo a dare ad entrambi un senso più profondo alle loro esistenze.

Recensione di Anna Guidi

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