Parcheggia le adidas in giardino – Quarta Puntata – Corrado Occhipinti Confalonieri

Parcheggia le adidas in giardino 4 puntata

Parcheggia le adidas in giardino

di Corrado Occhipinti Confalonieri

Racconto in otto puntate per iL Passaparola dei libri

Disegno di copertina: Roberto Ragione

a Ida Boni

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Quarta puntata

8.

L’episodio non si ripeté più durante l’anno scolastico ormai agli sgoccioli.

Gli esami sembravano un anticipo della maturità, arrivavano voci sulla composizione della commissione, suoi gusti e sulle attitudini degli esaminatori. Con la Cardi in testa, i nostri insegnanti avevano intensificato le interrogazioni e i compiti, tranne Valentino distante anni luce dai metodi tradizionali. Era sicuro che non l’avremmo deluso, ma ancora oggi la sua fede mi appare ammirevole se penso a Rocco o a me.

I nostri rapporti si erano ormai assestati sulla normale amministrazione del nostro spazio in comune: io passavo a lui le materie in cui me la cavavo e imparai a suggerire abbastanza bene. Lui faceva lo stesso. All’inizio aveva tentato di intrigarmi con le sue storie d’amore, e il lunedì avevo il resoconto dettagliato di ciò che faceva con la sua ragazza. Ascoltavo con pazienza, pensando che fosse un dovere da compagno di banco, ma lui dopo un po’ si stufò in quanto io non potevo raccontare lo stesso e di inventare non mi andava.

 

 

La curiosità mi spingeva verso Nicolò.

Non parlavamo quasi mai insieme, ma ogni giorno raccoglievo dati nuovi su di lui, frammenti di un puzzle che mi riservavo di comporre. Era riuscito a farsi esonerare dalle ore di ginnastica  e durante l’intervallo andava spesso in un’altra aula dove aveva degli amici.

Se la cavava bene in materia non congruenti, come latino e matematica, mentre in italiano era un vero disastro. Lo invidiavo un po’ perché il mio era un rendimento da sei costante. Mi stupiva la sua capacità di porre domande imbarazzanti al momento giusto, così da ricevere sempre una risposta convincente. Come quando in un momento di euforia generale chiese alla Cardi come era stata la sua prima volta con un uomo o quando domandò a Valentino se non si sentisse sprecato a insegnare in un istituto come il nostro. Forse era il tono della sua voce né ironico né aggressivo ma semplicemente curioso che metteva proprio agio l’inquisito, o non so che altro.

Gli esami alla fine dell’anno si rivelarono solo una formalità. Talmente alto era il numero di raccomandati che gli esaminatori non se la sentirono di effettuare pericolose discriminazioni e mi ritrovai sommerso in un’estate da montagna dove le luminose giornate erano inframezzato da piovaschi pomeridiani.

 

 

Qualche battuta di pesca e qualche lezione di tennis riempivano le mie giornate. Mi stupivo della rapida ripresa di pesce quando una volta presi li ributtava in acqua. Il colpo della loro coda sembrava uno schiaffo dato alla morte. Almeno per quella stagione sarebbero vissuti al riparo da pescatori meno sportivi di me.

Una notte ricordai di aver letto da qualche parte che in montagna le stelle apparivano più vicine e dal balcone della mia camera osservai il cielo. Non solo erano, ma anche più lucenti e per un attimo mi sentii abbracciare dalla volta celeste.

9.

Il mio penultimo anno di liceo non iniziava sotto i migliori auspici.

Al rientro dalle vacanze avevo trovato una cartolina di Valentino dal Kenya che diceva: “I hope that you’ll be a Socrates for you and your children”. Non l’avrei più rivisto.

Nascosi la delusione pensando con un po’ di apprensione al nuovo professore di filosofia.

La gestione della scuola era cambiata e anche la sede stessa. Avevamo lasciato il nostro moderno palazzo in centro per trasferirci in una villetta alla periferia della città, in cui il primo giorno squadre di elettricisti e di muratori stavano ancora adattando le stanze alle nostre esigenze. Molti avevano preferito scuole più prestigiose e infatti eravamo solo una decina in classe.

Giovanni, il batterista con i tic, mi disse che Rocco si era trasferito e provai un certo sollievo anche se mi sto a rimpianto. Ma quando Nicolò entrò e mi sorrise capii di aver trovato un nuovo vicino di banco e difatti preso il posto accanto a me.

«Come ti è andata quest’estate?» gli chiesi.

Mi sembrò sorpreso. «Sono stato a Rimini con i miei amici». Rispose senza aggiungere altro. Meno male, perché forse avrei raccontato un sacco di balle.

Si era verificato un rimpasto di professori, dovuto forse alla precarietà della nuova sistemazione e l’unica fedele era rimasta la Cardi che aveva un’aria dimessa e per niente provocante, anzi mentre faceva l’appello sembrava addirittura commossa nel leggere cognomi a lei ormai familiari.

 

 

Guardai Nicolò per capire se avesse ricevuto la mia stessa impressione. La fissava.

«Sa che la trovo proprio bene prof.?» le disse.

«Ah sì?  Pensa che ho passato un’estate d’inferno. Non ho fatto altro che litigare con mio marito, ci siamo lasciati».

Finalmente si era scaricata e il suo viso tornò battagliero. Oramai eravamo abituati a questo genere di confidenze, ma per un attimo mi misi nei panni di una persona estranea che sentiva per la prima volta certe confidenze.

Valium, detto così per l’effetto soporifero della sua voce, era il nuovo insegnante di filosofia. Non era per niente antipatico, anche se i suoi discorsi senza né capo né coda ci disorientavano un po’.

A volte, dopo una disquisizione di mezz’ora diceva: «Ragazzi cancellate tutto quello che ho detto finora e ricominciamo». In aula stava sempre in piedi con il manuale appoggiato sull’angolo della cattedra e una sigaretta spenta fra le dita.

L’esempio più frequente che portava a supporto delle sue teorie filosofiche era quello di una mela che di volta in volta sorgeva ruolo di realtà ed infinito poteva essere trascendente e trascendentale eccetera.

Un giorno Giovanni aveva posato sulla cattedra una mela rossa mentre aspettavamo che Valium entrasse. Quando la vide, si mise a ridere e le diedi un morso mentre Nicolò faceva playback: «Aaagh». Eravamo diventati abbastanza affiatati e visto il nostro numero esiguo non si erano formati i soliti gruppetti focolai di divisioni.

Fine della Quarta Puntata

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Profilo biografico dell’autore

 

Corrado Occhipinti Confalonieri

 

Corrado Occhipinti Confalonieri è nato a Milano nel 1965. Laureato in Scienze politiche, è storico e autore. Ricordiamo un saggio sul Circolo dei nobili fra ancien régime e liberalismo (Il Risorgimento, 1992, 1) e di uno  sul progetto di Unione franco britannica del giugno 1940 (Rivista di studi politici internazionali, 2018, 4). Nel 2019 ha pubblicato uno studio sull’azione di Jean Monnet nella Prima guerra mondiale (Rivista di studi politici internazionali 2019, 4) e la ricostruzione della Cronaca della peste del 1348 scritta da Gabriele Mussi (Bollettino storico piacentino 2019, 2). Finalista del concorso letterario. Un giorno di Joyce indetto dal “Corriere della Sera”, collabora con i mensili MedioevoStorica National Geographic e col settimanale Maria con te. Si occupa anche di divulgazione storica e novità librarie sui social (Instagram e Facebook) dove riscuote  un ampio seguito. Nel romanzo storico  La moglie del santo  (Edizioni Minerva) narra la vita di due suoi avi vissuti nella prima metà del 1300:  Corrado Confalonieri – santo patrono di Noto e di Calendasco – e sua moglie Eufrosina Vistarini. Le agiografie ufficiali citano solo di sfuggita Eufrosina: scopo dell’opera è quello di ridare voce a una donna coraggiosa, a lungo dimenticata, nel contesto politico, sociale e religioso dell’Italia del XIV secolo.   Per il suo romanzo , ha vinto il Premio speciale Italia Medievale 2019 e quello per la miglior copertina dal gruppo Facebook Thriller storici e dintorni.

 

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