MARIE LA STRABICA Geoges Simenon

MARIE LA STRABICA Geoges Simenon

MARIE LA STRABICA, di Georges Simenon

Recensione 1

Sono due personalità opposte le protagoniste di questo romanzo di Simenon.

Sylvie, fredda e ambiziosa, calcolatrice, disinibita, amante del lusso, ossessionata dal successo e dal denaro, pronta a tutto pur di riscattarsi socialmente sfruttando la sua bellezza con gli uomini.

 

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Disposta a qualsiasi compromesso anche con la sua morale pur di cambiare la sua vita e non morire povera.

Marie è invece la strabica, sfortunata perché nata con questo difetto, è l opposto di Sylvie, pudica ed umile oltre che sessualmente repressa.

Amiche e nemiche, diverse in tutto ma comunque l’una dipendente dall’altra quasi complementari.

Non esisterebbe Sylvie senza Marie.

Le accomuna il lavoro di domestiche all’hotel-ristorante Le Ondine dove cercano di guadagnare qualcosa per potersi entrambe trasferire insieme a Parigi.

La prima parte della storia si svolge nella camera delle ragazze in cui si svolge una intimità molto particolare che Simenon ci racconta senza scadere in volgarità.

Non si tratta infatti di una storia lesbo bensì di una indagine che l’autore conduce nell’animo femminile di cui egli stesso è grande conoscitore.

L’ambientazione della seconda parte è invece in una Parigi piovosa e buia in cui dopo molti anni le amiche si incontrano riprendendo il filo del discorso rimasto sospeso e dove i ruoli delle stesse si ribalteranno così da confonderci e non capire chi sarà la vittima e chi il carnefice.

“Marie qui louche”, scritto nel 1951, fa parte della produzione del periodo di Shadow Rock Farm, la fattoria nei pressi di Lakeville, la narrazione è spoglia, essenziale e diretta, si alterna a dialoghi e descrizioni, particolare l’analisi introspettiva delle protagoniste di cui Simenon evidenzia le solitudini, le angosce e il loro particolare legame di amore e odio, un vincolo ambiguo che attrae il lettore ma che ugualmente lo spaventa per la normalità del male che traspare.

Recensione di Gabriella Patriarchi

 

Recensione 2

Sylvie: diciassette anni, bella, sensuale, impudica. Marie, un anno più di Sylvie, brutta e strabica, timida e spaurita.

Entrambe di umili origini, bassa estrazione sociale, le incontriamo per la prima volta impiegate come cameriere in una piccola pensione a conduzione familiare nella profonda provincia francese.

Sin da quando erano piccole, Sylvie ripete a Marie: «Quando sarò ricca ti prenderò come cameriera, e ogni mattina mi pettinerai». Priva di scrupoli, ferocemente determinata a fuggire quella povertà che le fa orrore, Sylvie lascia la provincia e parte alla conquista di Parigi.

Marie, una di quelle creature «segnate dalla malasorte», la segue nella capitale, ma si rassegna all’esistenza mediocre a cui è destinata. Si separano a seguito di un avvenimento che per Marie — che pur di pazienza e capacità di sopportazione ne ha davvero tanta — rappresenta la classica goccia che fa traboccare il vaso.

 

Molti anni dopo le ragazze, ormai donne di mezza età, si incontreranno di nuovo, i rapporti di forza tra loro si modificheranno, i ruoli forse si capovolgeranno. Chi sarà la serva di chi?

Un romanzo che rasenta la perfezione, non una parola fuori posto o superflua. Simenon sempre grande maestro nello scandagliare gli abissi dell’animo umano, in questo caso di due donne il cui complesso rapporto si va sempre più delineando come quello di due “amiche nemiche”. Il classico tema “servo-padrone” rimodulato da Simenon in chiave femminile. Chapeau!

Recensione di Gabriella Alù

 

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