MARABBECCA Viola Di Grado

MARABBECCA, di Viola Di Grado (La nave di Teseo – gennaio 2024)

 

 

 

La verità fa meno rumore di una menzogna, molto meno rumore, e per questo è intollerabile.

Qual è il peso di tutta la vita che ci portiamo dentro e che non riesce a uscire? Qual è il peso del dolore? Si può misurare in chili, ore, anni o ha un suo tempo sigillato che non sa nulla del mondo?

Queste alcune delle domande che si pone la protagonista di questo libro che ho letto con attenzione, pazienza e matita a portata di mano perché ci sono molte pagine da sottolineare, da fissare nella mente. Questo è un romanzo cupo, triste ambientato in una Sicilia in cui il sole ed il mare non ci sono, c’è folklore, c’è cenere lavica e c’è omertà, omertà emotiva. Tutto parte da un brutto incidente in cui Clotilde ed Igor sono i danneggiati (Igor rimane in coma) e da un bugia detta subito. Il libro è tutta una bugia smascherata, Clotilde non sa dirsi la verità e mente al lettore ma ha poi talmente bisogno di essere accettata e capita e amata, in qualche modo, che la verità non riesce a non dirla.

E il lettore non si offende, resta lí ad ascoltarla imbrigliato in una rete che non ha visto tessersi. Clotilde si sente la Marabbecca, una donna fatta di buio delle leggende sicule di tanto tempo fa, una donna che doveva fare paura per tenere lontano i bambini dai pozzi.

Clotilde conosce la Marabbecca grazie ad un libro ingiallito di suo padre, che aveva una libreria, donato all’asilo che frequentava; lei è stata lontano dai pozzi fisici ma non da quelli emotivi. E ne è risucchiata continuamente,  e risucchia gli altri a sua volta. A primo impatto sembra quasi pazza questa ragazza disfunzionale emotivamente poi a poco vengono fuori le ferite, le lacerazioni, gli abbandoni. Non è pazza, é sola, soffre. La verità é dolorosa ed allora si comprende il bisogno di continue bugie. Unica verità è il buio, la violenza fisica e verbale, la debolezza, la miseria,, il bisogno di essere amati. Tra i personaggi c’è Angelica, che è la responsabile dell’incidente ma è anche la responsabile della felicità e delle follie d’amore di Clotilde. Sarà vero amore o anche stavolta é una bugia in cui nascondersi e proteggersi non accorgendosi del male attorno?

Al lettore l’ardua sentenza.

Viola Di Grado scrive, e lo fa molto bene a mio avviso, un romanzo diverso da quello a cui siamo abituati nel panorama italiano. Scrive del buio interiore, di gabbie, di solitudini sempre più assorbenti, scrive di genitori assenti, di figli difficili, di amori fluidi, di deviazioni…di incidenti reali e metaforici e in qualche modo, scrive di amore.

“Eppure eravamo davvero dei fiori. In un senso mostruoso. Forse siamo tutti come fiori recisi e regalati a qualcuno, chissà perché, per quale inutile occasione”.

Consigliato.

Recensione di Maria Elena Bianco

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