Assegnato il Premio Nobel per la Letteratura 2024 alla scrittrice sudcoreana Han Kang “per la sua intensa prosa poetica che affronta i traumi storici ed espone la fragilità della vita umana”.
LA VEGETARIANA, di Han Kang (Adelphi)
Recensione 1
Libro strano che mi ha catturato fin dalle prime pagine senza capire minimamente in quale terreno la storia mi stesse conducendo
Prima parte. La storia di una ragazza coreana Yeong-hye che improvvisamente, in seguito ad un sogno, smette di mangiare carne e poi progressivamente di mangiare. In famiglia nessuno capisce le motivazioni, anzi il padre durante una riunione familiare diventa violento, il marito la ignora (troppo preso dal lavoro e dal suo ruolo in azienda) . Lei si ferisce pur di non sottostare alle minacce e costrizioni che le vengono usate. Seconda parte diciamo in parte più poetica. Il cognato (artista) utilizza il corpo scarnificato della cognata per farne un quadro vivente. Le disegna sul corpo un universo di fiori e sarà il corpo o meglio i corpi ad essere i protagonisti di una qualche forma di vitalità, quasi un amplesso della natura. Non voglio spoilerare troppo. Terza parte. La sorella si avvicina fisicamente ma soprattutto emotivamente con una nuova forma di amore alla protagonista rinchiusa in un ospedale psichiatrico. La sorella capisce che quello che ha fatto la “vegetariana” è qualcosa che lei non avrebbe mai avuto il coraggio di fare. Prendere coscienza di se stessa e di varcare un confine e liberarsi delle costrizioni sociali.
Mi ha aiutato a capire questo libro il cinema di Kim ki Duk, soprattutto L’isola, che con l uso dei corpi feriti ci dà la lettura della società coreana piena di ferite e conflitti mai sanati. Il corpo è la fisicità e diventa il mezzo di comunicazione, il luogo del linguaggio. Pochi sono i dialoghi, corpi fuori del tempo, l’amore passa dal corpo e le sue ferite sono lacerazioni e divisioni di tutta la società.
recensione di Simona Lanfredini
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Recensione 2
Amo gli autori orientali e nemmeno questo mi ha delusa..
Ho mangiato troppa carne, le vite degli animali che ho divorato si sono piantate tutte lì… Sono sparpagliati in ogni angolo del mio organismo.. Nessuno può aiutarmi. Nessuno può salvarmi. Nessuno può farmi respirare.
Una donna che decide improvvisamente di diventare vegetariana, ma cosa c’è dietro a questa decisione? «Ho fatto un sogno» dice Yeong-hye, e da quel sogno di sangue e di boschi scuri nasce il suo rifiuto radicale di mangiare, cucinare e servire carne, che la famiglia accoglie dapprima con costernazione e poi con fastidio e rabbia crescenti.
Amo gli scrittori orientali inizi a leggere e non è mai quello che ti immagini perché loro scavano nell’animo umano come nessuno sa fare!
Ho amato ogni parola, ogni parte di questo libro perché dietro ad una banale scelta radicale spesso c’è una spiegazione più profonda , quasi inconsapevole dettata da improvvisi traumi della mente in persone già sensibilmente attaccabili.
Spiegazioni forse nascoste dentro l’animo umano, viscerali , dalla notte dei tempi e che forse un contesto vissuto con difficoltà e dolore fa emergere…
Tutto ciò che si trova in questo romanzo fa parte della complessità dell’uomo. Anche le reazioni di chi ti sta vicino, in questo caso cognato e sorella, ma anche della madre e del padre di yeong: sconcerto, rabbia, frustrazione, delusione..
Per non parlare dei silenzi e dell’allontanamento come se non vedere potesse aiutare.
Una scrittura fluida e mai banale, diretta e feroce.
Recensione di Elena Nena
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Recensione 3
La Vegetariana: un titolo fuorviante. Non c’è niente qua che riguardi la scelta alimentare a cui noi siamo sempre più abituati, dovuta a motivi morali o di salute.
Yeong-hye è una donna tranquilla che da un giorno all’altro, dopo un incubo tremendo, decide di eliminare completamente dalla sua vita la carne: non la mangia, non la cucina, non fa neanche sesso.
Vegetarianismo che poi diventa veganesimo e infine un lasciarsi morire accettando solo luce e acqua, come una pianta, in cui la protagonista crede di potersi trasformare.
Insomma in questo libro si segue la storia della follia di una donna… ma stranamente mai dal suo punto di vista. Il romanzo è diviso in tre parti, ognuna delle quali è narrata da una persona diversa, tutte vicine a Yeong-Hye, ma mai in prima persona, se non in pochi paragrafi che descrivono gli incubi che infestano la sua mente e da cui lei cerca disperatamente di sfuggire.
Questo, assieme a uno stile secco e freddo, dà ancora di più il senso di estraneità e non comprensione di quello che le sta succedendo: nessuno capisce la protagonista fino in fondo, neanche noi lettori alla fine del libro saremo sicuri di niente.
È uno straniarsi da un marito orribile che l’ha sposata solo in quanto donna mite e obbediente? Da un padre padrone violento? Dalla società collettivista come quella coreana, in cui la scelta simbolica di diventare vegetariani sembra qualcosa di negativo ed irrispettoso? È pura follia? Ditemi anche voi la vostra.
Recensione di Monica De Giudici
Premio Nobel per la Letteratura 2023 Jon Fosse
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