L’ISTITUTO Stephen King

L’ISTITUTO, di Stephen King

Recensione 1

Ė stato già abbondantemente recensito, lo so, ma è uno di quei libri la cui lettura non può esimere il lettore da un commento, soprattutto se il lettore in questione ha letto in pratica tutte le opere precedenti del Re.

Dico subito che è tra i migliori romanzi di quest’ultimo. Una storia terribile, che prende in maniera spasmodica. A metà delle oltre 500 pagine la tensione diventa quasi elettrica e il volume pare voglia schizzarti di mano…

In un’epoca in cui in genere i thriller non vanno oltre le efferatezze di psicopatici più o meno seriali o di mostri antichi e moderni, terrestri e non, il Re costruisci una trama perversa addirittura con risvolti fantapolitici, che, beninteso, non hanno nulla da spartire con le spy-stories o i racconti legati alla cronaca internazionale.

 

Consiglio vivamente di non leggere le note di copertina e, ovviamente, neanch’io fornirò anticipazioni sull’intreccio. C’entra ancora la violenza sui minori, in forma quasi disturbante, ma stavolta non ci sono elementi sovrannaturali o irrazionali.

Nessun pagliaccio che esce dai tombini e manco assassini irreali che vagano tra inconscio e realtà. Qui il discorso parte da una premessa abbastanza scientifica, ma procede poi in una sua direzione molto particolare, in cui il Male diventa addirittura un’istituzione. La solita etichetta di “opera di genere”, o, specificamente, di “horror” è, credetemi, quanto mai stretta… Leggere per credere.

Recensione di Pasquale Vergara

 

Recensione 2

Il libro più bello che ho letto quest’anno, al momento non ho dubbi. La lettura è ancora fresca, e sicuramente la mia opinione è influenzata da quella naturale nostalgia che un lettore prova ogni volta che conclude un romanzo che l’ha coinvolto profondamente.

L’istituto è un libro che parla di ragazzini e di amicizia, e il parallelismo con IT è senza dubbio calzante.

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Stavolta però questi ragazzini non affrontano “soltanto” il Male assoluto. Affrontare il Male, per quanto spaventoso e difficile possa essere, ha un enorme vantaggio: lascia in pace la coscienza. Se anche si fallisce nell’affrontare il Male ci si può aggrappare all’innegabile consapevolezza di aver cercato di fare la cosa migliore. Se invece il Male lo si sconfigge beh… fuochi d’artificio.

Ma questi ragazzini, i “nuovi perdenti”, stanno affrontando una situazione, non il Male. Lottano per sopravvivere a una condizione imposta. Lottano per salvare le loro vite e quelle di chi condivide la prigionia. E se lo scopo delle torture, delle iniezioni, degli esperimenti, del rapimento e degli omicidi fosse “nobile”? Come si sentirebbero questo gruppo di anime innocenti e sperdute?

 

Cosa siamo disposti a sacrificare in nome del bene collettivo? Qual è il prezzo equo per un equilibrio planetario che consente di ritenere meno che remota la possibilità di una guerra nucleare?

E la responsabilità di accertarsi che venga riscosso quel prezzo senza che le coscienze dell’umanità vengano intaccate, chi può prendersela?

Ma alla base di tutto, di questa storia toccante e delicata nonostante il notevole spargimento di sangue, c’è quel legame sincero e puro che è l’amicizia, soprattutto quella tra ragazzini.

Pur potendo identificare nel piccolo Luke il protagonista della storia, il romanzo è quasi corale. É il gruppo che fa la differenza. I singoli ingredienti sono utili, ma è la torta la vera figata.

 

E poi ci sono gli adulti. Che anziché cucinare torte, costruiscono bombe. Nel nome della pace, naturalmente. Perché bisogna fare economia in ogni aspetto dell’umana civiltà.

Perché ogni scoperta deve diventare strumento. Ogni strumento un’arma. Per difenderci, sì. Per difenderci da noi stessi.
Ma facciamolo di nascosto, perché gli altri adulti non capirebbero. Non capirebbero che per difenderci dobbiamo pagare un prezzo. L’equo prezzo. Non si rendono conto che se il prezzo fosse davvero equo, non ci sarebbe bisogno di fare questa economia di nascosto.

Recensione di Giulia Baroni

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