LA CASA SUL FIUME Lena Manta

LA CASA SUL FIUME, di Lena Manta (Giunti)

Premesso che difficilmente scelgo di leggere saghe familiari che di solito (almeno quelle che ho letto finora), se non scritte da una mano talentuosa scadono in un rosa più che sbadito, e romanzi etichettati come “narrativa femminile” proprio per lo stesso motivo del rosa déjà-vu.

Più leggo e più mi rendo conto che preferisco romanzi che non hanno etichette di genere e toccano aspetti più ampi, che scavano nel profondo.

Ma è estate, c’è caldo e il cervello con i suoi ingranaggi fa fatica ed è bene non sforzarlo più del dovuto.

Per tale ragione mi sono convinta che è meglio lasciarsi trascinare da una storia senza troppe riflessioni, enigmi, considerazioni.

Ecco perché, pur sapendo di trovarmi di fronte a un romanzo esclusivamente romantico e passionale, ho intrapreso la lettura de “La casa sul fiume” della scrittrice greca Lena Manta (questo mi ha incuriosita – vediamo come scrivono le scrittrici greche).

Il romanzo praticamente è diviso in tre parti ideali: un antefatto, un corpo centrale suddiviso in cinque capitoli e quello finale. Nell’antefatto troviamo l’intesa storia d’amore della coriacea Teodora e la nascita delle sue cinque figlie. Le ragazze nascono e crescono, fino all’età da marito, in un villaggio greco piccolo e senza prospettive alle pendici del monte Olimpo, dimora degli dei, e attraversato da un fiume dove, secondo un’antica leggenda, la dea dell’amore, Afrodite, faceva il bagno. La loro casa è proprio sul quel fiume.

Le cinque ragazze crescono belle e forti e possiedono tutte un fascino irresistibile e ammaliante proprio come la loro mitica antenata ma sono anche capricciose e inquiete perché desiderose di conoscere la vita oltre il piccolo villaggio. Piccole anime affette da bovarismo.

A questo punto, dopo che una dopo l’altra conquista il cuore del forestiero di turno giunto per caso nel loro piccolo villaggio, intraprendono ognuna il proprio percorso così come avevano sognato. Diventano ricchissime e coltissime e anche famose.

E così ognuno di loro avrà il suo capitolo: Melissanthi, Iulìa, Aspasìa, Polixeni, Magdalini, fino a giungere all’ultimo paragrafo “Il ritorno”.

L’inizio risulta piacevole di alte prospettive e si lascia leggere con molta facilità e con una certa trascinante curiosità sebbene pieno di luoghi comuni e cliché. Sorvoliamo.

Purtroppo dopo qualche capitolo il tutto comincia a scadere in una forma ripetitiva fino al limite del banale.

L’epilogo è illeggibile, inverosimile, ridicolo.

Peccato. Peccato perché lo stile non è per nulla scipito, anzi a volte è molto articolato per il genere trattato. Bastava non esagerare con le ripetizioni, con gli aspetti rutilanti di passione e rendere il ritorno più credibile senza scadere in una favoletta quasi al limite dell’offensivo. Una Sveva Casati Modignani greca!

Mi sa che lo regalerò a qualcuna che ama il genere.

Periodicamente ci casco che vi devo dire anch’io ho un animo femminile che cerca disperatamente di immergersi nei sogni, quelli improbabili che al risveglio lasciano inevitabilmente l’amaro in bocca

Alla prossima caduta libera.

Lo consiglio? Non lo so. Se ha venduto 2/milioni di copie (così dicono) fortunatamente non siamo tutti uguali.

“Perché anche se vai lontano, ci sarà sempre qualche posto ancora più lontano. Se ti arrampichi in cima a una montagna, vedrai che accanto ce n’è una ancora più alta. Così a un certo punto si sente il bisogno di mettere radici da qualche parte”

Recensione di Patrizia Zara

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