LA BAMBINA E IL NAZISTA, di Franco Forte e Scilla Bonfiglioli
LETTURA PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA
“…Perdonami.
Per ciò che ho fatto,
per quello che sto facendo
e per quello che sarò costretto a fare in futuro”
Scritto a quattro mani da Franco Forte, sceneggiatore, scrittore e giornalista milanese e dalla bolognese Scilla Bonfiglioli, scrittrice, attrice e regista teatrale, “ La bambina e il nazista” (Mondadori 2020) ci riporta all’interno dell’orrore dei campi con la drammatica storia dell’ufficiale delle SS Hans Heigel.
Germania, 1943. Destinato ad un piccolo ufficio decentrato di Osnabrück, il tenente Heigel vive il conflitto mondiale da lontano. Le sue priorità sono la moglie Ingrid e l’adorata figlia Hanne. Mentre giungono notizie che il ghetto ebraico di Cracovia sia stato smantellato e quello di Varsavia viva una rivolta senza precedenti Hans, in cuor suo, detesta la violenza del Reich ma resta in silenzio per non finire nelle liste nere di Hitler, continuando a vivere facendo finta di niente per proteggere la sua famiglia e la sua stessa vita.
Una tremenda sciagura si abbatte sulla sua casa lasciando la moglie in un stato catatonico grave e lui stesso ormai privo di ogni forza di vivere, di ogni speranza.
Dall’ufficio protetto di Osnabrück viene trasferito nel lager di Sobibór e poi in quello di Majdanek dove tutto l’orrore di ciò che sta avvenendo gli precipita addosso come un macigno. Tra i prigionieri destinati alla camera a gas Hans vede una bambina tanto somigliante alla figlioletta Hanne: è Leah Cohen, figlia di ebrei olandesi.
Hans stabilisce con la bimba un legame forte già al primo sguardo e decide di salvarla a tutti i costi rischiando ogni giorno, attuando mosse strategiche e prendendo decisioni talmente devastanti che lo perseguiteranno per tutta la vita. In quell’inferno, solo la speranza di sottrarre alla morte quella bambina smunta e magra, quell’uccellino spelacchiato dai grandi occhi azzurri, lo terrà vivo nell’anima.
Intorno a lui morte, annientamento della dignità umana, fame, freddo, terribili torture di ogni tipo sono perpetrate sui prigionieri destinati a morire a decine di migliaia nelle camere a gas.
Tra le stesse SS c’è chi non resiste a tale orrore e preferisce togliersi la vita piuttosto che continuare ad essere parte di quell’abominevole sterminio. Ma il popolo tedesco, davvero ignora ciò che sta avvenendo? Lo sa? Lo intuisce soltanto?
Volta le spalle agli accadimenti più atroci “perché c’è la guerra a cui pensare o la paura di tutti i giorni di non riuscire a mettere in tavola un piatto per i propri figli?”
Esiste davvero qualcuno di loro che combatta e non si arrenda alla speranza che l’umanità e il bene prevalgano sul terribile olocausto che avviene attraverso le loro stesse mani, mani che fingono o scelgono di non conoscere? Esistono davvero soldati come il tenente Heigel che, nelle loro pur limitate possibilità dovute al rischio della propria vita, cerchino di contrastare questa folle ideologia di morte?
Il messaggio del libro è in questo nodo gordiano che nessuno di noi può ignorare, l’auspicio che l’umanità prevalga sulla ferocia e la bestialità e, se così non fosse, la necessità di tagliarlo per scioglierlo senza alcuna riserva.
Recensione di Maristella Copula
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