I santi mostri, di Ade Zeno (Bollati Boringhieri – febbraio 2024)
“- E’ come me – fu la risposta
E’ un mostro –
Per l’appunto – chiuse l’altro. E su questo argomento non tornarono più” (cit.)
Che cos’è un mostro? Siamo capaci di identificarlo? Sulla base di cosa?
In questo libro si parla di mostri… di “Santi Mostri”, per l’appunto. Quando qualcosa o qualcuno a vista non ci piace, troppo facilmente lo additiamo come mostro e in quel preciso istante smettiamo di curarcene, poiché non è degno della nostra attenzione. Diventa invisibile, nel migliore dei casi.
La Germania nazista, però, non è il migliore dei posti per un mostro. All’inizio forse è invisibile, ma la vergogna e il rancore verso la diversità è una pianta radicata in seno alla famiglia. Dentro la propria casa i mostri vengono resi invisibili, come se non fossero mai esistiti.
E fuori? Questo libro parla di una situazione che si può definire paradossale.
Quegli stessi mostri il cui circo ormai famoso è acclamato di paese in paese in tutta la Germania e riconosciuto all’unanimità come “I santi mostri”, di punto in bianco perdono il loro fascino.
Sicuramente la paura gioca un ruolo importante in questo repentino cambiamento di rotta: si ha paura ad elogiare i mostri. Si preferisce deportarli, farli diventare carne da macello, annientarli. Quante volte lo abbiamo già sentito?
Quanti come loro? Eppure… di loro non si parla… quasi nemmeno oggi.
Da qui la triste (ahinoi) originalità dell’argomento di questo libro.
E allora chiediamoci: chi sono i veri mostri? Degli artisti con dodici dita… o coloro forse che li mandano a morire senza che nemmeno ne esista un valido motivo?
C’è molto da meditare, nonostante sia passato tanto tempo.
“Quelli come noi non sono intoccabili, ma invincibili. Sì perché per sopravvivere dovranno essere sempre più bravi degli altri” (cit.)
E lo sono. I santi mostri sono artisti eccezionali.
Persino il “Mangiafuoco” buono (non me ne voglia l’autore ma io ci ho trovato una similitudine impressionante), nonostante li abbia venduti per sopravvivere, non li ha mai maltrattati anzi… Il rispetto non se lo sono dovuto guadagnare perché è dovuto a ciascuno di noi a prescindere da come siamo fatti. Ma non allora… e non lì…
Nonostante ciò i santi mostri hanno quella generosità sincera di chi ha sempre vissuto ai margini della società da mostro… ma anche da santo.
“Per la prima volta sembrava rendersi conto di quanto fosse oscuro il senso di quella faccenda che lui definiva follia e che il resto del mondo chiamava semplicemente guerra” (cit.)
Ci sono tanti modi per descrivere la guerra. Tanti occhi che hanno visto, cuori addolorati che non sempre hanno voglia di aprirsi a chi non può capire perché solo chi c’era riesce, forse, a farlo.
C’è chi avrebbe voluto raccontare, ma non ha avuto tempo sufficiente per farlo e chi ci obbliga ad ascoltare un cupo silenzio, poiché ci sono cose che semplicemente non possono essere raccontate.
Questo libro non sta in silenzio. All’inizio sembra che la guerra sia una sorta di cornice alle vicende, ma basta poco per rendersi conto che invece essa ha un ruolo molto più centrale.
Ci sono le guerre “famose” che hanno un nome e sono presenti sui libri di Storia, e ci sono guerre che si combattono in silenzio fra le mura di casa. Ogni guerra ha i suoi prigionieri e qualcuno di questi riesce a scappare per non fare più ritorno.
I due protagonisti di questa storia combattono una guerra personale contro la loro stessa diversità E’ una guerra civile, potremmo dire, e loro sono prigionieri che vanno via… senza voltarsi indietro.
Non sanno ancora che lì fuori li aspetta una guerra ancora più atroce, contro i pregiudizi prima, e i nazisti dopo. Il coraggio e l’amicizia sono i loro motori che non si spengono mai, nemmeno nei momenti peggiori..
Recensione di Rita Annecchino
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