GLI ULTIMI SETTE MESI DI ANNE FRANK, di Willy Lindwer
La mia generazione e quelle vicine alla mia non hanno conosciuto la guerra e forse solo l’attuale pandemia ci sta insegnando il reale valore di quello che, oltre alla dignità, è il diritto più prezioso: la libertà. Eppure se provo a comparare le limitazioni che stiamo subendo con quelle patite dalle vittime dell’olocausto, il presente mi appare ben più sopportabile e qualunque disagio diventa una sciocchezza, poiché gli orrori dei campi di concentramento hanno oltrepassato il limite del concepibile e a volte penso che il male abbia scelto noi uomini per esprimere il non plus ultra dell’odio.
Anna Frank è diventata il simbolo della Shoah con le memorie dei suoi due anni di clandestinità che si interrompono insieme al diario il 4 agosto del 1944, giorno della cattura da parte della Gestapo di tutta la famiglia Frank. Per ricordare il seguito della loro triste storia ho riletto un libro di Willy Lindwer che acquistai una ventina d’anni fa; s’intitola “Gli ultimi 7 mesi di Anna Frank. È una raccolta di testimonianze di sette donne che ebbero contatti con Anna e con la sorella Margot prima e durante la prigionia. Nei racconti le giovani Frank compaiono poco, ma la traumatica descrizione delle regole assurde del campo, dell’inconcepibile miseria e delle condizioni disumane permette di comprendere cosa abbiano dovuto affrontare le povere sorelle a Westerbork, ad Auschwitz e infine a Bergen-Belsen dove morirono di tifo esantematico una dopo l’altra a distanza di alcuni giorni.
Willy Lindwer è un regista cinematografico e le testimonianze di questo libro sono le stesse sulle quali si basa il documentario con lo stesso titolo che l’autore produsse nel 1988. Si tratta di un’opera estremamente triste, forse perché i vividi ricordi delle sette sopravvissute sono stati trascritti senza l’impiego dei filtri che la letteratura normalmente esige e attraverso l’autenticità delle parole tutto il dramma della deportazione ha raggelato i miei sensi e lo sgomento, inevitabilmente, ha trovato sfogo in qualche lacrima.
Abbiamo il dovere di tenere lontano il rischio che qualcosa di simile si ripeta.
Per l’amor del cielo, NON DIMENTICHIAMO!
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