DI PIETRA E D’OSSO Bérengère Cournut

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DI PIETRA E D’OSSO, di Bérengère Cournut

 

Questo romanzo parla del popolo Inuit. Ma chi sono gli Inuit? Noi, siamo abituati a chiamarli eschimesi, ma per loro è un termine dispregiativo. Non è il loro nome, ma un appellativo inferto dai colonizzatori occidentali, la cui civiltà è arrivata fino alle loro terre prive di alberi, costituite da pianure basse e tundra sempre ricoperte di ghiaccio, salvo poche superfici durante la stagione più calda. Un popolo che vive in mezzo all’acqua e al ghiaccio. Secondo Wikipedia, Inuit significa uomini; e gli Inuit sono un piccolo popolo dell’Artico che discende dai Thule; insieme agli Yupik appartengono al ceppo più importante. Il termine dispregiativo ‘eschimesi’, designa questo popolo come fabbricanti di racchette da neve, spesso erroneamente tradotto ‘mangiatori di carne cruda’. Fu usato dai nativi americani del Canada orientale per indicare questo popolo loro vicino, che si vestiva di pelli ed era costituito da esperti cacciatori.

Gli Inuit sono gli originari abitanti delle regioni costiere artiche e subartiche dell’America settentrionale e della punta nordorientale della Siberia. Attualmente vivono in Alaska (Stati Uniti), in Groenlandia (Danimarca) e in Canada. Un popolo così lontano da noi, di cui sappiamo così poco. Per esempio, gli Inuit non conoscono il concetto di possesso o proprietà privata, sono abituati ad autogestirsi, non hanno capi e non sanno bene cosa sia una struttura politica che regoli le vite delle persone dall’alto. I bambini crescono liberi, senza inibizioni o limiti imposti e non conoscono le parole punizione e castigo.

È una cultura a rischio a causa dei mutamenti economico-sociali, climatici e ambientali, dalle contaminazioni con nuovi stili di vita, che gradualmente portano alla perdita delle proprie radici ancestrali. L’incanto, la poesia, la magia, ma anche la sofferenza, le difficoltà, le terribili condizioni ambientali in cui vivono gli Inuit sono la materia del romanzo di Bérengère Cournut che la casa editrice Neri Pozza ci propone nella splendida versione italiana a cura di Margherita Botto. Veniamo catapultati in un mondo ancestrale che parla dritto al cuore. Al nostro io profondo. Quello che nemmeno sappiamo dove stia di casa. Le Monde considera “Di pietra e d’osso”, ‘un magnifico romanzo che ci permette di scoprire l’antico stile di vita degli Inuit grazie a un’eroina coraggiosa, tra baie e montagne, fiordi, tundra, iceberg e scogliere’. L’eroina si chiama Uqsuralik, un nome illeggibile, impronunciabile, persino inimmaginabile.

La sua storia inizia con un distacco brutale dalla sua famiglia; ma lei non si lascia prendere dal panico, reagisce e sopravvive. Attraverso le sue avventure, scopriamo come lo spirito di conservazione si ribelli alle tantissime istanze di morte, guidato da una sapienza fatta di gesti e di credenze trasmessi nel tempo dagli avi. Infatti Uqsuralik discende da un popolo di cacciatori nomadi presenti in tutto l’Artico da un migliaio di anni. Profonde radici antropologiche, paesaggi mozzafiato, antichi canti si mescolano, nel corso degli eventi, alla narrazione in prima persona e conducono il lettore in un mondo di leggende che si legano, nel tentativo di spiegarli, agli eventi naturali, spesso dando anima e voce agli animali, alle rocce, alla natura, al ghiaccio, ad altro da sé. Alle volte, è difficile percepire il limite fra la natura interiore e quella esteriore. In Uqsuralik il fluido vitale alle volte oltrepassa i confini dei corpi, e spesso è possibile diventare altro, come pietra o osso e viceversa questo altro, come pietra o osso, diventa il sangue che scorre nelle sue vene: «Ora sono capace di slanciarmi fuori dal corpo, con il mio canto, fino al mondo degli spiriti.

A poco a poco imparo a dialogare con loro senza aver paura. Però il viaggio è terrificante. ogni volta ho l’impressione che mi vengano strappate le viscere. Il cuore mi rimbomba nelle orecchie, mi assale una sensazione di vertigine.» (p. 148) Perché la pietra, l’osso, gli animali sono dotati di spirito, hanno un’anima. Quando Hila (la figlia di Uqsuralik) si ammala, la nonna Sauniq, che considera Hila sua madre, ‘piccola’, pur sempre madre, interroga il Corvo che però non è in grado di darle delle risposte. Anche se lei sa che soltanto lui è in grado di capire e proporre soluzioni: «Soltanto lui saprà far tornare il respiro che ti manca…» (p. 115).

E allora sono i canti che salvano: «Hila, Hila – ningiukuluk / Sei una piccola vecchia e non lo sai / Hila, Hila – ningiukuluk / Guardati alle spalle / E vedrai che c’è una schiera: In peli, in corna e in zoccoli / Facciamo corpo intorno a te.» (p. 205) Con grande umiltà e saggezza la nostra eroina Inuit sa che tutto scorre e niente può essere trattenuto da volontà non in armonia con la natura circostante.

«Nella mia lunga vita di inuit ho imparato che il potere è qualcosa di silenzioso. Qualcosa che si riceve e che – come i canti, come i figli, – ci attraversa. E che poi dobbiamo lasciar scorrere via.» (p. 172). Per questo la nostra eroina diventa eterna, immortale, parte infinita di quel nostro io, se nel frattempo abbiamo scoperto che dimora non ce l’ha. Se nel frattempo abbiamo osservato la natura. Se ora siamo in grado di scorgere laggiù nel lontano Artico, Uqsuralik diventata pietra. E se siamo anche capaci di lasciare parte di noi stessi in questa natura che sempre rinasce grazie al sacrificio incessante della sua essenza madre, come si conclude il canto della volpe artica: «Tornerò sotto un’altra forma, in un altro momento, / Sono una scintilla che ha vissuto per un solo instante/ Sotto il ventre liscio e poroso di mia madre.» (p.94) Premio Fnac 2019 e delle Librerie della Senna 2020, questo piccolo gioiello dimostra come l’editoria indipendente sia preziosa per la diffusione e la scoperta di nuovi talenti, regalando a noi lettori esigenti alti momenti di letteratura.

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DI PIETRA E D’OSSO Bérengère Cournut

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