BILLY SUMMERS Stephen King

BILLY SUMMERS, di Stephen King (Sperling & Kupfer – ottobre 2021)

 

Recensione 1

Trovo sempre difficile ‘parlare’ dei libri di King, ancor più esprimere il mio parere rispetto alle sue storie, alla sua scrittura, al suo genio …

King è imponente, tremendamente imponente. Sempre. E verso di lui provo in modo inevitabile un senso di soggezione mista ad ammirazione, una sorta di metus reverentialis.

E Billy Summers lo è altrettanto, imponente, sicario e cecchino infallibile, fintamente stupido ma con una sua etica … “si occupa solo di gente cattiva”!

Billy Summers non è solo un personaggio, è una storia d’amore e di riscatto, di amicizia e traumi, di violenza e giustizia, di ingiustizie e delusioni umane, di soldi e abusi, di crimine e crimini, di vite segnate dalla guerra, di economia e politica, un panegirico della letteratura, della lettura e della scrittura e del loro potere liberatorio e catartico.

Un libro nel libro, all’ombra di un libro, Thérèse Raquin di Zola.

Un giro imprevedibile di trame, di vite ed eventi, innumerevoli, intessuti tra loro come solo King sa fare. Niente horror, niente fantasy, se non qualche velato fantasma che ancora ritorna da e a Overlook perché “una storia così agghiacciante ha bisogno di una ghiacciaia per essere scritta” e l’immaginario contemporaneo continua ad aver bisogno di questo.

Ci sono i crimini, sì, tanti crimini e c’è un protagonista – un King – fortemente sensibile in cui ‘lui è quello che è, e deve cercare di trarre il massimo da sé stesso’. E questo King fa in modo che i sentimenti siano come il respiro, ‘ti entrano dentro e poi riescano fuori’, perché in un libro come nella realtà “quando si finge, è più facile riconoscere chi fa altrettanto”.

Tant’è che rende la sua creatura – un sicario pluriomicida, abile Houdini, arguto pianificatore, infallibile cecchino – un uomo solitario e riflessivo, un amico brillante e acculturato, finanche tenero, debole e altruista, segnato dai traumi dell’infanzia e da Falluja, amante dei bambini e delle grigliate all’aperto in famiglia, persecutore di violenti e pedofili. E con Billy sono entrata in empatia e per lui ho propeso. Quasi nel bisogno di un giustiziere di un tessuto sociale deviato e corrotto.

King – Billy Summers – mi ha tenuta in ostaggio, quasi affetta da Sindrome di Stoccolma fino a quella terra umida che guarda quel che resta di Overlook Hotel.

Quale possa essere il messaggio o la chiave di lettura di questo romanzo – con una trama contorta e imprevedibile, come spesso lo è la vita – visti i tempi? Mi viene da pensare che forse King abbia voluto solo invitarci a riflettere e a sospendere il nostro giudizio su chi è buono o cattivo, a metterci semplicemente di fronte alle verità non assolute.

Un eccellete King, mi vien da dire. D’altronde, una cosa è certa, i libri di King sono come la Bibbia …

“Billy ha letto la Bibbia dalla prima all’ultima pagina mentre era sotto le armi: ogni Marine ne riceve una, su richiesta. Se n’è pentito in più di un’occasione, e se ne pente anche adesso. La Bibbia contiene una storia ad hoc per sfatare ogni equivoco e vanificare ogni fuga dalla realtà. La Bibbia – che si tratti del Vecchio o del Nuovo Testamento cambia poco – non perdona mai”.
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Recensione di Nunzia Cappucci
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Recensione 2

Non c’è due senza tre (e il quattro -si spera- vien da sé). Dopo aver infilato un paio di titoli molto belli (avete letto le mie recensioni nei giorni scorsi), avevo puntato sul “re” proprio per non rischiare di rovinare il “trittico della soddisfazione”, e devo dire che, sebbene conosca abbastanza bene le opere dell’autore, non mi aspettavo un romanzo così. In una parola: FAVOLOSO. Dopo questo potrei leggere tutta la serie “Alaska” di Brenda Novak e la giudicherei semplicemente come un giusto contrappasso per cotanta bellezza.

Andiamo per ordine. Il libro è un bel mattoncino di 540 pagine, ed è l’unica cosa oggettiva che si può dire in merito. Perché è il come è scritto che fa la differenza.

Inizia come una narrazione fatta in terza persona al presente, una scelta di tempo verbale un po’ inusuale, e quindi richiede un minimo di adattamento. In questa prima fase King ci introduce al personaggio principale, Billy Summers, che è un ex cecchino dei Marines divenuto poi un sicario a pagamento. Le sue vittime, però, sono solo “persone cattive”. Questa sorta di etica delle uccisioni ricorda un po’ “Dexter”, il serial killer dei serial killer; per chi non la conoscesse, una bella serie tv di qualche anno fa, ma la similitudine è solo nel concetto. Qui il nostro protagonista deve svolgere il suo ultimo incarico prima di ritirarsi, e per farlo deve ambientarsi in un una cittadina americana sperduta, attendere pazientemente diversi mesi, e poi uccidere il suo bersaglio. Per non dare nell’occhio, la sua copertura è quella di essere un aspirante scrittore, e siccome lui è un fortissimo lettore e ha un passato molto pesante, decide di cominciare per davvero a scrivere.

E qui parte un libro nel libro, perché la narrazione, oltre ad avere caratteri tipografici diversi, diventa in prima persona al passato remoto, durante la quale Billy Summers racconta i suoi trascorsi.

Si assiste quindi a un alternarsi fra la storia vera e propria, narrata con lo stile classico di King, quindi con piccole divagazioni, uso esteso delle parentesi e tutto il resto del suo usuale repertorio, e la “storia nella storia”, che si distingue nettamente perché scritta dal personaggio.

La trama parte semplice e lineare, si potrebbe dire quasi noiosa se non fosse per quel valore aggiunto che King riesce sempre a infondere nei suoi scritti, ma poi, complicazione dopo complicazione, dubbio dopo dubbio, diventa un vortice dove il lettore viene risucchiato e “costretto con la forza” a leggere avidamente due libri in uno con pesanti ripercussioni sulle ore di sonno!

Non posso dire nulla sul finale, perché qualsiasi commento in merito rischierebbe di svelare particolari che, invece, devono essere goduti fino in fondo durante la lettura. Posso solo dire che, a un certo punto passa dalla “narrazione di King” alla “narrazione di Summers”, con un colpo di scena all’altezza dell’intreccio di avvenimenti che, magistralmente, King ha saputo costruire.

Recensione di Mitia Bertani 

Recensione 3

Come tutte le cose belle, sono arrivata all’ultima pagina, ho cercato di centellinarlo ma dieci giorni per le 528 pagine è il meglio che son riuscita a fare.

Leggo in giro le solite critiche all’opera del Re (criticare è diventata l’attività più gettonata del periodo)

“Non ci siamo”

“…e anche stavolta il capolavoro lo scriviamo domani”

“Sono a pagina 100 e già a nominato tre volte Trump”

“ Un libro per page turner” (qualunque cosa voglia dire!)

“Troppi riferimenti a personaggi e cose di cui non sappiamo nulla”

“Il Re ha perso lo smalto dei primi tempi”

E compagnia cantante…

A parte il fatto che la maggior parte di queste critiche son per me elogi, mi domando cosa vi aspettiate quando aprite un libro.

Un libro che fa riferimenti all’attualità, sociale, politica, artistica, fa già di per sé il suo porco lavoro: ti accende una lampadina sulla vita reale e ti induce a informarti su quello che non sai, (oggi poi è diventato facilissimo farlo navigando in rete!)

Grazie a King ho scoperto gruppi musicali di cui non sospettavo l’esistenza, libri e autori che mi hanno appassionata, compreso fenomeni sociali americani di cui i media ci illustrano solo gli aspetti più superficiali.

E cosa deve fare di meglio un libro se non farsi pensare costantemente nel corso della giornata e non farti vedere l’ora di poterlo leggere per poi costringerti a rallentare per farlo durare di più, frenando il tuo istinto di “page turner”?

“Non è più il Re dei primi tempi”

E vivaddio!

Uno scrittore invecchia, matura, la sua esperienza lo trasforma, lo addolcisce, lo inasprisce, lo rende più sicuro di sé e mina le sue certezze (no, non è una contraddizione ma la base della consapevolezza!)

Aspettarsi che uno scrittore ti dia le stesse emozioni che ti ha dato quando TU avevi 15 anni, rivela molto del lettore (e dell’uomo) che sei. È come aspettarsi che la donna che hai sposato a vent’anni ti dia le stesse impennate erotiche dei primi tempi e non pensare che questo non dipenda solo dall’altro ma da sé stessi, che solo nella propria capacità di evoluzione mentale sta la possibilità di accrescere le proprie emozioni.

Veniamo al libro.

Billy Summers è un sicario, un sicario con un proprio codice morale, uccide solo persone deprecabili, persone che, una volta eliminate rendono il mondo un posto migliore.

La narrazione è dal punto di vista del “cattivo” perché Billy è un “cattivo” e lui sa di esserlo.

King si cimenta oltrepassando quella linea di demarcazione, quella finis terrae che ha caratterizzato il mondo delle serie tv nell’ultimo decennio: I Soprano docet, e poi Dexter, Breaking Bad, fino a Squid Game: Il personaggio centrale è negativo, criminale, perverso eppure lo spettatore/lettore lo ama e fa il tifo per lui.

Il male e il bene si toccano, si contaminano e si completano a vicenda, l’ombra non sussiste, dove non vi sia la luce.

King è un esperto in materia e ce lo presenta in tutte le sue sfumature e molteplici cromatismi.

Ci porta ad amare Billy per le sue caratteristiche, per la sua umanità e debolezza, per i suoi valori che trascendono i crimini: onestà, lealtà, senso dell’amicizia e dell’amore, responsabilità nei confronti dell’effetto che le proprie azioni producono sull’altro e questo, non è da poco, porta a riflettere sulle proprie convinzioni. Il tutto presentato in un contesto e ritmo adrenalitico che non lascia tregua.

Ciliegina sulla torta: Billy è anche un aspirante scrittore, l’ultimo incarico richiede tempi lunghi e morti, che gli offrono la possibilità di cimentarsi in questa avventura e a King di regalarci la descrizione della nascita della creatività, della necessità di avere un pubblico per cui scrivere (non esiste uno scrittore che scriva solo per sé stesso) e di che cosa significhi per chi scrive, avere questa capacità di fuggire dalla banalità della vita reale e trasformarla in una magnifica avventura.

Il libro dentro il libro è una delle parti migliori di questo romanzo.

King ci regala le sue pagine migliori, quando parla di sé.

In ultimo, ma non ultimo, in questo accattivante e appassionante giro di giostra, lo zio ci regala un cospicuo riferimento a Shining e all’Overlook Hotel.

Ah! Per quelli che: “I finali non sono il suo forte” qui ne troverete ben due, entrambi altrettanto struggenti e magnifici.

<<Quando si finge è più facile riconoscere chi fa altrettanto>>

Recensione di Carmen Elisabeth Bonino

BILLY SUMMERS Stephen King

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