UN’EREDITÀ DI AVORIO E AMBRA Edmund De Waal 

UN’EREDITÀ DI AVORIO E AMBRA Edmund De Waal 

UN’EREDITÀ DI AVORIO E AMBRA, di Edmund De Waal  (Ediz. Bollati Boringhieri)

Una saga familiare un po’ diversa, raccontata in prima persona. L’autore è un ceramista inglese, da parte della nonna materna discende da un’importante famiglia ebrea russa: gli Ephrussi.

 

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Alla morte di uno zio, risiedente in Giappone, riceve in eredità 264 netsuke (trattasi di piccole sculture tradizionali giapponesi, di solito in avorio o legno, la cui origine risale al XV secolo. Servivano da fermaglio per assicurare alla cintura piccoli contenitori o oggetti), che erano appartenuti alla famiglia da oltre un secolo.

Decide di intraprendere un lungo viaggio, che dura circa due anni, per raccogliere le informazioni e visitare tutti i luoghi in cui sono vissuti e hanno lavorato i suoi antenati e ”scoprire come i netsuke siano potuti sopravvivere fino ad oggi”. Sarà un susseguirsi di incontri, emozioni e scoperte.

Gli Ephrussi erano ebrei russi originari di Odessa, il capostipite dal quale abbiamo conoscenza era un venditore di cereali, e i suoi commerci lo portarono a trasferirsi a Vienna. Suo figlio Charles, dopo aver girovagato e studiato per il mondo, si trasferisce a Parigi, dove inizia la raccolta dei famosi netsuke. È collezionista e mecenate.

 

Il nostro speaker indaga, si appassiona, fa ricerche in biblioteche, e trascina anche il lettore, anzi lo immerge, prima nella Parigi della Belle Epoque, poi nella Vienna di inizio secolo, dove la vetrinetta dei netsuke viene inviata come regalo di nozze al cugino Vickor ed a Emmy (i bisnonni dello scrittore).

Dopo un primo periodo di vita elegante e sicura, si comincia a respirare nella capitale un’aria diversa: nasce l’astio verso gli ebrei, rei di possedere capitali enormi e quindi di manovrare la politica e la finanza del paese. Il precipizio verso il nazismo e la conseguente persecuzione degli ebrei, inizia nel 1938 e prosegue in modo così rapido che lo scrittore fatica a tenere dietro a tutti i repentini cambiamenti che avvengono in pochi mesi.

Anche la famiglia Ephrussi viene fagocitata dai rastrellamenti: vengono privati della casa, della banca, di tutti i beni di famiglia custoditi e tramandati da secoli. Ma c’è qualcuno molto astuto che riesce a beffare anche le SS e a mantenere ben custodito a lungo un segreto. Alla fine della guerra la famiglia e i figli sono dispersi per il mondo. Ultime tappe il Giappone e Odessa, dove il nostro “instancabile commentatore” chiude il suo racconto domandandosi “non so più che questo libro parli della mia famiglia, della memoria di me, o se sia ancora un libro su certi oggettini giapponesi”

Io, da lettrice, credo sia un intreccio di tutto questo. Una saga familiare che sta esattamente a metà tra il romanzo e il saggio. Questo credo sia il suo punto di forza.

 

E’ molto difficile non annoiare il lettore semplicemente annoverando i fatti, elencando date, senza dialoghi, eppure le descrizioni della società, delle situazioni, che l’autore in parte ha reperito dalla documentazione in suo possesso e in parte immagina, sono veramente accattivanti e ti spingono a continuare la lettura.

Inoltre, la parte storica, è molto curata e precisa e diventa interessante ripercorrere un secolo di storia, anche nei dettagli.

Un libro che io consiglio ai lettori attenti e non frettolosi: è troppo ricco di personaggi ed è un susseguirsi di date ed episodi che vanno affrontati con calma, altrimenti si rischia di fare confusione.

Utilissima la prefazione (che va letta per intero) e l’albero genealogico della famiglia (che ho dovuto consultare spesso).

Recensione di Carla Maria Cappa

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