UN SILENZIO DURATO TROPPO TEMPO: Villa del seminario Sacha Naspini 

UN SILENZIO DURATO TROPPO TEMPO: Villa del seminario, di Sacha Naspini

La storia raccontata in questo romanzo è vera, la mia mamma di Roccatedrighi si ricorda dei fatti avvenuti lì anche se, come viene esplicitato nel romanzo, vennero tenuti per molto tempo sottotraccia. E’ vero che il vescovo Galeazzi stipulò un contratto di affitto coi nazisti per l’uso del Seminario e pretese ed ottenne il denaro nel dopoguerra, quando si sapeva a cosa era servito il Seminario e cioè a lager per ebrei e per dissidenti politici. Presumo che tale tipo di contratto sia unico nel suo genere. Ma andiamo per ordine, e prima di raccontare un po’ la “trama”, vorrei sottolineare che Sacha ha praticamente un lessico tutto suo, non italiano puro, non maremmano stretto; una lingua particolare e suggestiva, che è anch’essa protagonista.

La storia si svolge a Le Case (altro non è che Roccatederighi, andate a vedere che gioiellino medioevale è) che si erge nelle colline maremmane, dove un umile, mansueto ciabattino, Renato detto René e detto anche Settebello perché si è portato via 3 dita sotto un tornio, farà la guerra e la resistenza a modo suo, sfruttando ciò che è capace di fare. E’ un racconto dunque di resistenza ma anche e soprattutto di amore: amore per Anna, amore per la libertà e per la giustizia negate. René si ritroverà al Seminario prima, internato perché colpevole di aver consumato troppi quaderni e dove sarà testimone di orrori ma anche di voglia di riscatto e nel “fitto” poi (è così che Naspini chiama la macchia dei partigiani). Sarà Maciste, la sua guerra particolare e dolorosa avrà la meglio, avrà l’amore, il rimpianto e la felicità.

Però non si scollerà mai di dosso l’amarezza del dopo, quando i crimini commessi dentro il Seminario saranno sminuiti e banalizzati. Nel libro c’è un riferimento particolare a una frittatina ma soprattutto è presente il coraggio di Sacha che nelle note descrive bene certi personaggi di Grosseto. Stima totale. Romanzo che fa venire “il groppo” come dice lui.

Recensione di Paola Magi

Villa del seminario Sacha Naspini

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