Premio Campiello 2001: NATI DUE VOLTE Giuseppe Pontiggia

NATI DUE VOLTE, di Giuseppe Pontiggia

Tutto il senso e il messaggio profondo di questo romanzo è racchiuso già nella dedica iniziale:

“Ai disabili che lottano
non per diventare normali
ma se stessi”.
Normalità, questo concetto indefinibile che, inevitabilmente, crea distanza, mette paletti, genera discriminazioni.
Ma cosa è veramente normale?

“Questi bambini nascono due volte.

Devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile.

La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare.

Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato. Ma alla fine anche per voi sarà una rinascita.”

Questo si sentono dire, dal medico, Frigerio e Franca, genitori di Paolo…nato con una tetraparesi spastica distonica.

Ma per rinascere bisogna prima un po’ morire, ed è quello che succede loro quando si trovano tra le braccia questo bambino, mentre fanno i conti con se stessi, con le proprie paure, il rifiuto ed i sensi di colpa, mentre si aggrappano alla speranza che crescendo tutto si ridimensioni…

Quel senso di smarrimento e di impotenza di fronte ad un figlio che non riesce a stare in posa per una foto, che cammina con difficoltà, che biascica quando parla, che impara a memoria i risultati delle addizioni perché non riesce a farle…

Consapevolezza e accettazione del limite…sono difficilissimi da raggiungere, spesso più per i familiari che non per chi vive l’handicap sulla propria pelle.

Pontiggia (lui stesso è genitore di un figlio disabile) ci fa entrare nei pensieri di un padre che non riesce ad “entrare” nella testa di suo figlio, che non riesce a mettersi nei suoi panni, che cerca di immaginare le sue reazioni, ma che non potrà mai sentire ciò che sente lui, e che, quindi, forse non potrà mai sapere chi sia veramente suo figlio…

Allo stesso tempo però è capace di percepirlo come altro da sé, osservare la sua smorfia di sofferenza mentre cerca di rimanere in equilibrio quando cammina, e ritrovare la stessa smorfia e la stessa sofferenza sul suo viso di padre, mentre lo guarda.

Un dolore che li unisce, anche a distanza, per motivi diversi.

Un padre che prova a pensare a come sarebbe stata la sua vita senza di lui.

Ma non riesce a fare neanche questo: “si possono immaginare tante vite, ma non rinunciare alla nostra”.

Lucido e intelligente.

Nessun pietismo, nessuna compassione.

Un libro coraggioso, intenso e drammatico, ma con risvolti anche ironico-amari, dove non si edulcora nulla, né la sofferenza di chi vive la disabilità dall’interno, né le reazioni degli altri…della gente: c’è chi si avvicina piano per timore di non esserne all’altezza, chi è capace di dare tanto perché tanto sente di ricevere in cambio, chi è brutale nella sua sincerità (alcuni medici o rappresentanti delle istituzioni), chi sfrutta la disabilità propria o altrui per estorcere favori personali…

Non la cronaca di una disabilità, ma una riflessione sulla vita.

Bellissimo.

Recensione di Antonella Russi

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