PERDIDO STREET STATION China Miéville

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PERDIDO STREET STATION, di China Miéville (Fanucci)

Oggi vi parlerò di questo lungo romanzo non scevro da pecche, ma che rappresenta una delle più recenti e interessanti evoluzioni della narrativa fantastica “di rottura”, nella quale la mescolanza di generi è necessaria tanto quanto il superamento delle definizioni.

PERDIDO STREET STATION, di China Miéville Recensione UnLibro

Il protagonista del romanzo, Isaac dan Der Grimnebulin è uno scienziato ribelle, che ha volontariamente abbandonato l’ambiente accademico e conduce le sue ricerche in modo del tutto autonomo, diventando una sorta di genio rinnegato la cui disinvolta e spregiudicata condotta di vita crea scandalo ma ne accresce la fama.

Un giorno a Isaac viene proposto un incarico che presenta non pochi problemi scientifici e che stimola la sua vanità di uomo, oltre che la sua brillante mente.

Quando si rende conto di aver trovato una soluzione al problema e nello steso tempo, di aver fatto una scoperta in grado di rivoluzionare il mondo dell’ingegneria, Isaac scopre di aver commesso un’imprudenza, durante i suoi precedenti esperimenti: adesso l’intera città corre un grave pericolo e sarà compito di Isaac e di un gruppo di persone coinvolte nella vicenda a vario titolo, cercare di evitare una catastrofe.

 

Il romanzo di Miéville, con la sua trama fitta e l’imponente numero di personaggi, fa precipitare il lettore in un mondo onirico, dove l’elemento epico della compagnia di eroi chiamata a salvare il mondo si muove a New Crobuzon, enorme agglomerato urbano a metà tra le megalopoli di Dick e la Londra di Dickens, caratterizzato da fogne maleodoranti e quartieri miserevoli dove però non manca la più avveniristica tecnologia, affollatissimi di razze e forme di vita che si spartiscono la città organizzate in gruppi criminali che hanno il loro centro nevralgico nella stazione centrale snodo di ogni tipo di attività lecita o illecita; Miéville crea un insieme narrativo lisergico, destabilizzante nei confronti della tradizionale concezione di narrativa fantastica, nel quale sono presenti numerosi richiami a mitologie diverse e a elementi tradizionali ma non vi si riconosce nessuno schema “classico” e il lettore si vede offrire un racconto ibrido, anticonvenzionale, aggressivo per il messaggio culturale, sociale e politico composto in modo potente, diretto e tagliente.

 

C’è, eccome, il rischio di perdersi in questa sorta di incubo narrativo colorato eppure cupo, tra le pagine in cui l’autore non sembra sempre capace di seguire il filo della trama e si abbandona a divagazioni e ripetizioni; se però siete alla ricerca di qualcosa di spiazzante, fate un giro a New Crobuzon.

Recensione di Valentina Leoni

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