PERCHÈ TI HO PERDUTO Vincenza Alfano

PERCHÈ TI HO PERDUTO, di Vincenza Alfano (Perrone editore)

Un romanzo che affronta il dramma della vita di Alda Merini, che è rimasta per innumerevoli anni in quello che un tempo veniva definito, senza mezzi termini, un manicomio.

L’autrice ha scelto di dare un taglio biografico ma anche molto discorsivo, attraversando una parte dell’esistenza di Alda, fino alla soluzione della pesante vicenda psichiatrica, che si srotola passando per una scoperta che lascia il lettore senza fiato.

La prosa è ricca di suggestioni, accompagnando sempre il punto di vista della protagonista.

“Nel manicomio tutto è bianco: le pareti, le lenzuola sui letti, i cuscini. Sono bianche le stanze allagate di sole. La sua mente è bianca come un foglio vergine, un calendario che ha perso i giorni, un orologio senza lancette. La sua mente è bianca come l’alba e un destino da scrivere tutto daccapo”.

Centrale appare l’amore per Giorgio Manganelli, nutrito dalla condivisione dell’arte poetica e da una grande passione, nonostante la differenza di età.

Si intuisce che alla base del tormento di Alda, che la conduce a essere contenuta a livello psichiatrico secondo i sistemi dell’epoca, comprensivi di pratiche come quella dell’eltettroschock, vi è proprio quel nocciolo non concluso di un amore tormentato e impossibile da vivere. Un amore che dura una vita.

“Lei aveva bisogno delle sue parole come delle sue mani, dei suoi baci come dei suoi pensieri. Ma era troppo. (…) E Giorgio si era ribellato, voleva essere libero dalla sua follia, dalla sua ossessione e poi avrebbero trovato un modo diverso per continuare a essere amici, poeti, compagni, sodali”.

Alda, attraverso lo sviluppo della narrazione, diviene simbolo della sofferenza di ogni persona che combatte contro i propri demoni interiori, a tutti i livelli. Ma, mentre la follia sembra condannarla, la poesia, che pure ha contribuito ad alimentarne la sensibilità, finisce per salvarla, in un giro vorticoso di dare-avere.

E, terminata la lettura, viene da chiedersi: “la pazza della porta accanto”, qualche volta, siamo anche noi “normali”?

Una bella e trascinante lettura.

Recensione di Elisa Tomassi 

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