NATO DA NESSUNA DONNA Franck Bouysse

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NATO DA NESSUNA DONNA, di Franck Bouysse

“𝘖𝘨𝘯𝘪 𝘴𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢 𝘦̀ 𝘳𝘦𝘴𝘢 𝘨𝘳𝘢𝘯𝘥𝘦 𝘥𝘢𝘭 𝘱𝘳𝘰𝘱𝘳𝘪𝘰 𝘮𝘪𝘴𝘵𝘦𝘳𝘰, 𝘴𝘰𝘱𝘳𝘢𝘵𝘵𝘶𝘵𝘵𝘰 𝘲𝘶𝘢𝘯𝘥𝘰 𝘵𝘦𝘯𝘥𝘦 𝘢𝘭 𝘥𝘰𝘭𝘰𝘳𝘦”

Una volta terminato questo libro occorre far sedimentare le emozioni e le impressioni che ti ha lasciato dentro e, nel mio caso, non è stato per niente facile perché, almeno all’inizio, ho faticato a “farlo mio”, a provare una totale empatia con i personaggi, forse, però, proprio a causa della lucida spietatezza con cui i fatti vengono presentati, con il sottofondo di una crudeltà cui non ci si abitua mai.

Siamo nella Francia del XIX secolo, una realtà rurale in cui vive una famiglia povera ma dignitosa, dove, tuttavia, si consumerà un crimine assurdo ed ingiustificabile, perché tale è quello di un padre che arriva a vendere la propria figlia maggiore in cambio di una borsa di monete; di questo piano diabolico, indubbiamente “giustificato” dalla totale inferiorità della condizione femminile dell’epoca, sarà costretto a portarsi addosso un fardello tanto pesante quanto irreparabile.

Il destino cui Rose è condannata viene svelato attraverso la lettura dei due quaderni scritti di suo pugno durante la reclusione in un ospedale psichiatrico, ultimo approdo di un percorso a dir poco drammatico, orchestrato a suo danno dal ricco signorotto del paese di cui era divenuta proprietà e dalla di lui madre, entrambi personaggi a dir poco inquietanti.

Privata di ogni dignità, spogliata dell’onore, trattata al pari di una bestia, utile solo per portare a compimento un piano perverso, Rose conserva una forza che non le impedisce di soffrire, ma che lascia aperto un barlume di speranza, fosse solo per non darla vinta a chi la vorrebbe annientare oltre che nel corpo anche nello spirito.

E allora scrivere diventa il bisogno di lasciare una traccia del suo dolore, delle violenze inaudite cui è stata sottoposta, con una fame di parole che prorompono come un fiume in piena, che hanno come esplicita finalità quella di essere riportate alla luce perché si sappia fin dove è possibile che arrivi la crudeltà umana.

“𝘈𝘭𝘮𝘦𝘮𝘰 𝘭𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦 𝘯𝘰𝘯 𝘮𝘪 𝘢𝘣𝘣𝘢𝘯𝘥𝘰𝘯𝘢𝘯𝘰. 𝘓𝘦 𝘳𝘦𝘴𝘱𝘪𝘳𝘰, 𝘭𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘰𝘭𝘦 𝘮𝘰𝘴𝘵𝘳𝘰 𝘦 𝘵𝘶𝘵𝘵𝘦 𝘭𝘦 𝘢𝘭𝘵𝘳𝘦. 𝘋𝘦𝘤𝘪𝘥𝘰𝘯𝘰 𝘱𝘦𝘳 𝘮𝘦”.

Sicuramente vincente è la scelta della costruzione letteraria, in cui ogni capitolo vede alternativamente come protagonista uno dei personaggi, con un narratore esterno che dipana l’efferatezza degli accadimenti esponendoli in terza persona, tranne nel caso dei capitoli che sono dedicati a Rose e ad un altro personaggio chiave, che, invece, si raccontano in prima persona dando libero sfogo alle loro sofferenze ed alle loro emozioni, in un contesto cupo e spaventosamente brutale.

L’epilogo è sicuramente inaspettato, ma perfettamente in linea con quell’idea di fiducia, forse solo utopica, che resiste con forza anche quando tutto sembra perduto.

Recensione di Paola Vicidomini

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