Meglio i libri di Stephen King o le loro trasposizioni cinematografiche?

Meglio i libri di Stephen King o le loro trasposizioni cinematografiche?

 

La carriera di Stephen King, autore spesso- e ingiustamente- associato al solo genere horror (che in realtà è solo parte della sua produzione), è costituita da un notevole numero di pubblicazioni tra romanzi e racconti e un’altrettanto nutrita serie di trasposizioni filmiche più o meno riuscite. Chi vi parla ha avuto modo di recuperare tutto ciò che dello scrittore di Bangor e stato tradotto in italiano mentre ha avuto un’esperienza più limitata con i film. Con questo articolo vorrei prendere in esame alcuni dei titoli che ho avuto modo di visionare e confrontarli con la relativa opera ispiratrice offrendo il mio punto di vista su entrambe e tentando di stabilire quale delle due sia, a mio gusto, uguale, migliore o peggiore, fatta eccezione per due titoli che affronterò in modo indipendente. Ovviamente si tratta di valutazioni personali, e sarò ben contento se qualcuno vorrà aggiungere le proprie considerazioni o integrare questa trattazione con i film che di cui non avrò parlato. Ultima considerazione: secondo me King ha un unico grande difetto in gran parte delle sue opere, i finali, non sono proprio il punto forte di molte delle storie che scrive…per questo spesso il finale alternativo prospettato da alcuni registi fa pendere a loro favore l’ago della mia bilancia di gradimento.

 

IL CASO “CARRIE”

 

 

Il primo romanzo pubblicato da King, per altro su forte pressione della moglie Tabitha dal momento che il nostro non aveva grande simpatia per questo personaggio, ci presenta un personaggio con forti poteri telepatici, Carrie White, vittima di una madre estremamente bigotta e di episodi di bullismo di rara cattiveria: celeberrimo l’inizio della storia quando la nostra, durante la doccia successiva all’ora di ginnastica, ha per la prima volta le mestruazioni e viene bersagliata dalle compagne che le tirano addosso degli assorbenti e la scherniscono dicendole “Metti il tappo, metti il tappo”. È un’opera che ha avuto più di un adattamento filmico, e quello a mio avviso più riuscito è quello di Brian De Palma del 1976 (che vede nel cast un giovane John Travolta), molto riuscito sia nell’aderenza alla trama sia nella capacità interpretativa degli attori, quasi perfetti nel loro ruolo, sia soprattutto nel finale da brividi, cosa questa che lo rende a mio avviso se non migliore almeno equiparabile al romanzo. Curioso il fatto che King, dopo averlo visto, si sia rammaricato di non essere stato lui a immaginare un finale simile. Dell’altra trasposizione che ho visto, datata 2013 e con Chloë Grace Moretz (troppo bella per un personaggio che nel libro è descritto in tutt altro modo) nella parte di Carrie, salvo solamente l’ambientazione moderna, drammatico segno che le cose non sono affatto cambiate in quarant’anni.

 

IL CASO “SHINING”

 

 

 

 

 

È ben risaputo l’astio di King nei confronti della trasposizione, liberamente ispirata, del suo romanzo operata da Stanley Kubrick. In effetti le due opere, pur partendo dallo stesso presupposto e con personaggi più o meno corrispondenti, ha parecchie divergenze, in particolare Kubrick sceglie di limitare fortemente gli elementi soprannaturali (le siepi animali per esempio), concentrandosi maggiormente sugli aspetti psicologici della vicenda. Eppure entrambe hanno eguale dignità, almeno per me, e rappresentano, ciascuna a suo modo, la perfetta concretizzazione della crisi del sogno americano, metaforicamente rappresentato da un grande lussuoso albergo, e del concetto stesso di famiglia come nucleo sicuro e protettivo. Per tali ragioni non posso che consigliare sia il libro che il film in uguale misura. King stesso curerà nel 1997 una miniserie più aderente al suo romanzo: il risultato per chi vi parla sarà piuttosto artificioso e freddo, molto meno efficace.

 

FILM PEGGIORI DEI LIBRI

“IT”

 

 

Quelli della mia generazione, e non solo, hanno vissuto la propria infanzia nel segno della paura del pagliaccio assassino che poteva comparire dai luoghi più disparati a fare strage di bambini. La celebre miniserie del 1990, con uno strepitoso Tim Curry nei panni del clown, era un vero e proprio incubo e come film horror, va detto, funzionava benissimo. Peccato che poi abbiamo letto il libro, ben più voluminoso, complesso e articolato, per scoprire che una trasposizione filmica di un simile romanzo di formazione, dove l’orrore (e la figura del pagliaccio) sono solo una parte del tutto, è semplicemente impossibile senza sminuirne la portata e-mi si consenta- la filosofia. Al netto di alcuni passaggi che oggi sarebbero certamente censurati (uno in particolare di cui non parlo ma che certamente chi ha letto il libro riconoscerà), il romanzo mantiene oggi una superiorità che non può essere in alcun modo scalfita, tanto meno dalla recente riproposizione filmica in due parti, francamente deboluccia: per lo meno la miniserie ha una sua ragione di esistere come horror movie.

 

“TORRE NERA”

 

 

Chi ha letto la serie di 7 romanzi + 1 di “Torre Nera” sa che si tratta non solo di una saga fantasy ma di un vero e proprio compendio dell’intera arte del nostro, tanto è vero che tanti sono i riferimenti a questa dimensione disseminati in altrettanti romanzi e racconti di King ed è altrettanto vero che in questi libri troviamo diversi personaggi presenti in altre opere. Come è possibile trasformare un universo così complesso in un unico film ? Se già a priori l’impresa si presentava rischiosa il risultato è anche peggiore, un pasticcio che poco a niente ha da spartire con la cattedrale narrativa di “Torre Nera”, un fantasy che non si salva in alcun modo e che non rende giustizia a un lavoro di ben altro spessore.

 

FILM EQUIPARABILI AI LIBRI

LE ALI DELLA LIBERTÀ STAND BY ME

 

 

 

Questi due film, entrambi ispirati a due romanzi brevi contenuti nella raccolta “Stagioni diverse” (rispettivamente “Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank” e “Il corpo”) sono la perfetta rappresentazione, in primis, della grande versatilità narrativa di King, capace di uscire dai confini dell’horror per raccontare storie di grande spessore e profondità. I due film sono sostanzialmente fedeli alle opere di partenza e risultano egualmente efficaci, belli tanto nelle immagini quanto nella scelta del cast e negli sviluppi. Due opere che rendono ampiamente giustizia a due piccoli/grandi capolavori.

 

CUORI IN ATLANTIDE

 

 

Qui la faccenda si fa piuttosto complicata. Nonostante il titolo, infatti, questo film si ispira solo a una parte del romanzo/raccolta di racconti (non c’è uniformità di giustizia a riguardo) e in particolare alla prima parte, chiamata “Uomini bassi in soprabito giallo”, per altro rimaneggiata per togliere qualunque riferimento a “Torre nera”. Viene quindi da chiedersi perché tenere un titolo che, nell’ottica del film, non c’entra assolutamente nulla, ma al netto di queste considerazioni non si può non applaudire la performance di Antony Hopkins e una storia che, con le dovute libertà prese, mantiene abbastanza fede all’opera originale e risulta estremamente piacevole e a tratti commovente.

 

MISERY NON DEVE MORIRE

 

 

Un thriller ambientato per gran parte in un luogo angusto come una camera da letto, oppressivo ed estenuante per la relativa staticità eppure allo stesso tempo avvincente e carico di tensione. “Misery” è a tutti gli effetti un capolavoro di Stephen King proprio per tutte le caratteristiche sopra menzionate e la sua traspozione su grande schermo non gli è certo da meno, grazie anche a una performance maiuscola dei due attori principali e a una certa fedeltà alla spietata trama di partenza. Due veri gioielli!

 

FIRESTARTER

 

 

In Italia è arrivato con l’assurdo titolo “Fenomeni paranormali incontrollabili”, ma al netto di questa insensatezza, devo ammettere di aver apprezzato la trasposizione di un’opera che afferisce più, se vogliamo, alla fantascienza. Un padre e una figlia entrambi con poteri paranormali in fuga dall’organizzazione che, inconsapevolmente, è responsabile del loro stato e che vuole sfruttarli per il proprio tornaconto, colpiscono il cuore tanto del lettore quanto dello spettatore e riescono a risultare convincenti, regalandoci una pellicola che non sfigura accanto all’opera ispiratrice e riesce a restituirne la tensione e, nel mio caso, le incazzature nei confronti delle sorti dei due protagonisti.

 

L’ULTIMA ECLISSI

 

 

Probabilmente “Dolores Claiborne” non è tra i romanzi più noti di King, ma è senza dubbio di grande fascino. La storia è una lunga confessione dell’anziana protagonista, Dolores appunto, di fronte a degli agenti di polizia: la donna è infatti accusata di aver causato la morte della vecchia e ricca signora di cui si occupava. Dolores è costretta a ripercorrere la sua vita passata e a confessare l’unico vero delitto realmente compiuto, quello del marito, e le ragioni del suo gesto. Rendere filmicamente un monologo, per quanto avvincente, non è certamente impresa facile, eppure “L’ultima eclissi” ci restituisce con grande efficacia la complessità caratteriale della protagonista e i passaggi principali, soprattutto quelli più crudi, con grande intensità. Un lavoro da vedere e un libro da riscoprire!

 

FILM MIGLIORI DEI LIBRI

NIGHT FLYER

 

 

“Il volatore notturno” è un racconto contenuto nella raccolta “Incubi e deliri” ed è concentrato su un vampiro che si sposta da una contea all’altra volando con uno Skymaster nero e su un giornalista da quattro soldi che gli dà la caccia. Nel 1997 è stata realizzata una trasposizione filmica particolarmente efficace, con diverse licenze ma pienamente rispettosa dell’opera di partenza, inquietante e spietata, con un finale terrificante e- guarda un po’!- ben superiore a quello del racconto.

 

1408

 

 

Singolare avventura di un giornalista impegnato a “smascherare” le finte case infestate. Il suo prossimo obiettivo è la camera 1408 di un lussuoso albergo di New York e, nonostante la strenua resistenza del personale e del proprietario, riesce a ottenere di passarvi una notte…con tutto quello che ne conseguirà. Il film si prende qualche libertà, pur mantenendo una certa fedeltà con il racconto a cui è ispirato (contenuto nella raccolta “Tutto è fatidico”) e forse risulta ancora più convincere grazie all’ottima resa visiva e a un finale in odore di paranormale che, leggenda narra, abbia spiazzato lo stesso King.

 

IL MIGLIO VERDE

 

 

 

Credo che ci siano pochi dubbi sul grande valore di questa storia. Il dramma di John Coffey, detenuto nel braccio della morte per l’abuso e l’uccisione di due bambine, un gigante dall’aspetto inerme ma con un grande potere segreto, è forse una delle storie più profonde realizzate da King e la trasposizione filmica, sostanzialmente rispettosa del testo, non è certamente da meno. Ciò che a mio avviso rende la pellicola superiore è il fatto che il romanzo in origine uscì a puntate, diviso in 6 parti riunite solo in seguito. Quest’operazione, senza una vera e propria riscrittura, rende la lettura piuttosto frammentaria e a tratti ripetitiva, mentre sarebbe stato opportuno un lavoro di rielaborazione da parte dell’autore che la rendesse più fluida e scorrevole. Si parla sempre di un grandissimo lavoro, conferma del grande talento di King, ma di poco, e per eccesso di meriti, gli preferisco il film.

 

Di Enrico Spinelli

 

 

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