L’ultimo atto del Premio Boccaccio è un omaggio al cinema italiano

L’ultimo atto del Premio Boccaccio è un omaggio al cinema italiano

A cento anni dalla nascita di Nino Manfredi proiettata la pellicola “C’eravamo tanto amati” In sala ospite d’eccezione Luca Manfredi

Cala il sipario sulla 41^ edizione del Premio Boccaccio con negli occhi ancora le immagini di due giorni densi di emozioni e contenuti trasferiti al numerosissimo pubblico con grande generosità dai suoi protagonisti: i vincitori delle tre sezioni Alessandro Zaccuri per la Letteratura, Lorenzo Cremonesi per il Giornalismo e Lucia Goracci per l’Etica della Comunicazione, oltre ai vari eccellenti relatori che con loro hanno dialogato.

Se l’inizio della rassegna 2022 è stato contraddistinto dalle giovani generazioni, con la presentazione del Piccolo Decameron VI e la premiazione dei vincitori del concorso per gli studenti delle superiori, l’ultimo atto è stato un omaggio alla cinematografia italiana a cento anni dalla nascita di due grandissimi interpreti, Vittorio Gassman e Nino Manfredi, protagonisti nella pellicola diretta dal maestro Ettore Scola, “C’eravamo tanto amati”, proiettata nella sala del Cinema Teatro Boccaccio a Certaldo. Ad accompagnare la visione del film, due ospiti d’eccezione: il critico cinematografico Giovanni Bogani e il figlio di Nino Manfredi, Luca Manfredi, regista e sceneggiatore.

 

 

“Ringrazio l’organizzazione del Premio per avermi invitato, in particolar modo grazie a Simona Dei e a Mario Lorini, che sorveglia e cura la vita delle sale cinematografiche della Val d’Elsa. E grazie a Luca Manfredi per regalarci la sua testimonianza su uno dei film più belli interpretati da suo padre – ha commentato a fine serata Giovanni Bogani -. In ‘C’eravamo tanto amati’ Ettore Scola racconta la storia delle illusioni e delle disillusioni dell’Italia intera nel dopoguerra attraverso i suoi tre personaggi: racconta lo sbriciolarsi dell’utopia di rinnovamento della società, il riformarsi delle classi, dei privilegi e delle miserie nel dopoguerra italiano. Ma lo fa con una grande concretezza, con il volto di Nino Manfredi pieno di ironia, di amarezza, di meravigliosa, calibratissima normalità”.

Luca Manfredi ha raccontato particolari inediti su un padre molto scrupoloso nel lavoro, al punto di essere quasi irraggiungibile per il bambino che era. “Ma quando c’era, sapeva farsi amare”, ha rivelato.

Entrando nel merito del film, il figlio ha sottolineato: “Questo film è indubbiamente uno dei più belli di Scola, è straordinario. Penso che Nino abbia fatto un personaggio veramente meraviglioso perché dei tre amici è quello che mantiene più fede, più coerenza rispetto ai suoi ideali”.

 

 

Poi si è soffermato sul libro, “Un friccico ner core”, da lui scritto proprio in occasione del centenario della nascita del padre. “Friccico ner core è un frammento della canzone di Ettore Petrolini e Alberto Simeoni che mio padre portò nel 1971 ripropone al Festival di Sanremo – ha spiegato -. Lui allude velatamente a un primo amore che non solo si è rivelato anche un po’ bugiardo, ma anche al suo problema cardiaco che poi lo costrinse ad abbandonare definitivamente le scene nel ’35. Dietro questa apparenza di allegria c’era un dramma – ha raccontato il figlio -. Ho deciso di prendere questo frammento, un po’ come per Petrolini, per raccontare non solo spensieratezza e amore, ma anche i difficili sentimenti contrastanti nel rapporto con mio padre. C’è grande affetto, grande ammirazione ma anche il dispiacere per averlo vissuto poco come genitore e come amico. A casa non c’era quasi mai. Quando c’era si rinchiudeva nello studio con sceneggiatori e registi e allora io, per stare un po’ di più con lui, chiedevo a mia madre di portarmi sul set dei suoi film, dove ho scoperto questo mondo magico, quello in cui nascono le storie che poi vediamo al cinema. Ed è un po’ la cosa che mi ha convinto da grande a fare questo mestiere”.

Infine l’omaggio all’artista: “Nino era allo stesso tempo un’anima lieve e ironica, che ti strappava un sorriso, e un’anima a volte malinconica che ti faceva riflettere, però sempre con un fondo di onestà e di dignità. Nino è stato un po’ come il suo grande mito, Charlie Chaplin, il portatore di una risata amara”, ha chiosato Luca Manfredi.

A riassumere efficacemente il Premio Boccaccio 2022 non potevano che essere le parole della presidente dell’Associazione Letteraria Giovanni Boccaccio, Simona Dei, che con il suo staff di collaboratori, lavora tutto l’anno all’allestimento del tradizionale fine settimana dedicato alla cultura, il tutto curato dall’attenta e precisa regia di Gabriele Gatti.

 

 

“LA XLI – ha detto la presidente Dei – è stata una edizione particolarmente intensa e coinvolgente, partiti con un bimbo siriano immerso nella lettura di un libro in mezzo ai rifiuti, quel libro rosso ci ha accompagnato fino a ieri sera (domenica), dal “Piccolo Decameron” dei ragazzi del Concorso Boccaccio Giovani al “Fricicco del core” di Luca Manfredi, passando dai capolavori dei nostri ospiti: “Poco a me stesso” di Alessandro Zaccuri, “La scelta” di Walter Veltroni, “Il rovescio dell’abito” di Marta Morazzoni, “Guerra Infinita” di Lorenzo Cremonesi, “Il guerriero guaritore” di Alessandro Lo Presti, con al centro come ogni anno Il Decameron di Messer Giovanni. Quei libri – ha sottolineato la presidente – resi vivi nelle interpretazioni degli attori, dalla Lucia Poli, a Benedetta Giuntini e Lucrezia di Teatroalverso, racconti di vita di umanità, di scelte e di opportunità, di rovesci delle sorti e degli abiti, di libertà e di pace intrecciate alla guerra e alla prigione del rancore. E poi – ha aggiunto – le immagini che ci hanno immerso quasi fisicamente nella guerra, che Lucia Goracci ha raccolto in prima linea, l’avanzata delle truppe ucraine verso la Russia vissuta in diretta con Lorenzo Cremonesi. Un premio con il cuore sospeso, che ci ha impegnato nella comprensione di testi complessi, nella accettazione di una realtà pesante, nel tentativo di dare un senso alle cose che spesso non ce l’hanno ma comunque esistono. Con un pubblico attento, presente, affezionato dal sabato mattina sotto il sole ancora caldo di Palazzo Pretorio, a stanotte nel teatro con quel film meraviglioso in cui ognuno di noi ha trovato parte dei suoi ricordi familiari. Un viaggio nella vita, quello che Boccaccio scriveva nelle sue opere, quello di cui, in suo onore e ricordo, da 41 anni il Premio Boccaccio è memoria viva. Un viaggio – ha concluso Simona Dei – che quest’anno si chiude sulle parole di Tiziano Terzani, tornato a Certaldo con le immagini del Premio 2002 “Buon viaggio! Sia fuori che dentro”. Grazie a tutti voi che partecipando avete permesso tutto ciò, alla prossima edizione”.

Segreteria Premio Letterario “G.Boccaccio”

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