LO STADIO DI WIMBLEDON Daniele Del Giudice

Sono le parole che vorticano nella testa del giovane scrittore, voce narrante di questo romanzo breve, mentre è seduto sugli spalti dello stadio di Wimbledon, il tempio del tennis. Lo stadio è vuoto, non ci sono partite in corso e il giovane scrittore si concede una visita per ingannare il tempo, in attesa di un appuntamento con una donna.

Spera, lo scrittore, che la donna lo aiuti a rispondere alla domanda che lo ha spinto a Londra dopo essere stato a Trieste, sulle tracce di un uomo vissuto anni prima. Questo intellettuale, figura di rilievo della cultura e della realtà editoriale italiana, aveva deciso da tempo di non scrivere e non pubblicare nemmeno una parola. Perché?

Chi fosse questo intellettuale, non importa saperlo, scrive Calvino nella quarta di copertina di questo libriccino, esordio di Daniele Del Giudice, nel 1983. Non importa perché il suo nome e il suo ricordo sono solo evocati, in lontananza.

Quello che sembra importante, in questo “insolito libro” (sempre Calvino) è il rapporto fra vita vissuta e scrittura, o meglio, fra lo scrivere e l’agire direttamente sulla vita delle persone.

Inafferrabile, inclassificabile, questo breve romanzo è un viaggio interiore, più che il racconto di un viaggio in senso fisico. È un romanzo che non somiglia a nessun altro, inimitabile, difficile da raccontare, una riflessione “sugli spazi che corrono tra vita e arte, tra detto e non detto, e sui perché della scrittura, sulla dialettica che lega presenza e assenza, dentro e fuori, vuoto e pieno”, ha scritto Ernesto Ferrero nel suo recente, meraviglioso album di fotografie e ritratti intitolato, appunto, “Album di famiglia”.

LO STADIO DI WIMBLEDON Daniele Del Giudice