LE DUE ZITTELLE Tommaso Landolfi
Montale definisce questo racconto “uno dei maggiori incubi psicologici e morali della moderna letteratura europea”.
Landolfi stesso lo ha sempre considerato il suo racconto migliore.
Lilla e Nana vivono recluse in stanze grigie di una grigia casa borghese di una grigia provincia, votate al sacrificio supremo di accudire la madre – padrona, che pur non muovendosi dal letto, decide delle vite di tutti.
Con loro vive anche una scimmia, Tombo, unico elemento di sesso maschile della casa.
Donata dal fratello defunto, le sorelle la accudiscono omaggiando la sua memoria.
Tombo si renderà responsabile di atti innominabili, sacrileghi che le sorelle faticheranno ad ammettere essere stati compiuti da una bestia tanto mite.
Tombo è l’elemento di disturbo nella vita delle due sorelle; scardina, rivolta e mette a nudo l’angustia delle loro fasulle esistenze.
Le gesta di Tombo pongono delle domande a cui le sorelle non possono sottrarsi; la loro immoralità richiederà l’intervento di due preti, uno tradizionalista e l’altro, libero pensatore che riempie la seconda metà del racconto con una disputa teologica- filosofica tagliente e grottesca al contempo.
La pietà e la compassione rimangono astratti principi, i simboli rafforzano il concetto di ciò che è bene e ciò che è male e i dogmi, sotto i quali muore definitivamente una parvenza di vita intelligente, estendono definitivamente il loro dominio nella casa.
Al di là di ogni parvenza di civiltà, la nuda verità e innocenza, rappresentata dalle azioni di Tombo, è troppo dolorosa da accettare: l’insufficienza esistenziale espressa nel non riconoscere né la fallibilità né la potenza di una comunicazione che la indaghi.
Una definitiva impossibilità di autenticità determinata dal bisogno continuo di far riferimento a delle regole, rappresentanti valori, nei quali, in definitiva, non si crede.
“L’uomo pecca soltanto perché non può non peccare; ma poi non pecca. Né può essergli il male più gradito o necessario del bene, anzi non può essergli neppure necessario; perché è, come il bene, lui stesso. Ed è lui stesso perché è Dio stesso. Non c’è male e non c’è bene. Il male e il bene, anch’essi sono, ché Dio è soltanto. E sono come una cosa sola, non l’uno contro l’altro “
Recensione di Egle Spanò
Commenta per primo