LA TIGRE DI NOTO, di Simona Lo Iacono (Neri Pozza – aprile 2021
“Quando entrai in aula e presi posto, gli interrogativi pressavano, ghermivano l’aria, svolavano sulle teste degli studenti. Il professore entrò, salutò, ci contò velocemente. Si soffermò su di me e sorrise. Ero l’unica donna”.
Non a caso, pochi giorni fa, è stata celebrata la giornata delle donne nella scienza e, in libreria, ho acquistato questo romanzo dedicato a una scienziata troppo spesso dimenticata: Anna Maria Ciccone. Una donna e una scienziata che visse in un’epoca ostile e piena di ostinati pregiudizi nonché barbarie totalitarie. Nata a Noto nel 1891, partì dalla Sicilia e arrivò a Pisa poco prima che scoppiasse la Grande Guerra per studiare fisica: unica donna del suo corso. Sin da bambina mostrò grande interesse per la luce , il cielo e gli astri…”passioni strane” per una bambina (con un occhio un po’ storto) per la quale si prospettava la strada tracciata per tutte le donne: matrimonio e figli, Dopo le magistrali decide di intraprendere studi tecnici, scelta molto contrastata dai genitori, che le permisero di avere le basi per frequentare l’Università, prima a Roma e poi a Pisa dove conseguirà le lauree in matematica e quindi in fisica.
La sua storia si intreccerà con gli eventi della seconda guerra mondiale e la porterà a scelte coraggiose e uniche. Insegnò alla Normale e seguì per un’intera vita le traiettorie e le intermittenze della luce, perché la spettrometria era l’oggetto dei suoi studi. Studi che ebbero una vasta risonanza persino nel campo della nascente meccanica quantistica molecolare. Il romanzo non è una biografia nel vero senso della parola ma una biografia romanzata della sua vita. Prende le mosse da un dato certo: il ritrovamento di una lettera , dei documenti e articoli e sulla base di questi, l’autrice, ricostruisce la carriera accademica della docente. Sceglie di far narrare ,in prima persona alla stessa matematica, ormai anziana, i momenti salienti della propria vita. Attraverso ripetuti flashback conosciamo il suo ambiente familiare, i difficili rapporti con la madre, il delicato sentimento che la lega al fratello malato, l’affetto per la nutrice che si cura di lei più della madre. La si segue nella sua carriera: a Roma, a Pisa e per un breve tempo in Germania dove conoscerà e collaborerà con Herzberg, futuro Nobel per la chimica. Seguirà un suo prezioso consiglio” difendi e salva i libri, sono la cultura di un popolo”.
In Germania aveva assistito al rogo dei libri e ne rimase molto impressionata. Il suo appellativo” La tigre di noto” è legato ad un fatto realmente accaduto :era il 7 luglio 1944 e aveva nascosto ,in un campo, tutti i testi ebraici più importanti che la biblioteca possedeva, per non eseguire l’ordine di consegna che i nazisti le avevano intimato. Non trovandoli, questi, distrussero prima varie vetrine contenenti materiali ottici poi minarono un’ala dell’Istituto e lo fecero saltare in aria. La Professoressa Ciccone, unica presenza nell’edificio, si scagliò contro di loro con veemenza e coraggio proprio come fa una tigre per difendere i suoi, rifiutandosi di abbandonare il resto dell’edificio, minato anch’esso, dicendo (rigorosamente in tedesco): “O ve ne andate o fate saltare in aria anche me.”
I militari scelsero quest’ultima possibilità, cosicché i migliori strumenti si salvarono. Per lei il sapere e la conoscenza erano il fulcro della vita e continuerà a insegnare e a sperimentare fino alla pensione nel 1962, anno in cui ritorna a Noto dove morirà solo tre anni più tardi. La scrittura della Lo Iacono è molto coinvolgente e ti fa riflettere su quanto ancora ci sia da fare perché le donne trovino, finalmente, quello spazio nel mondo scientifico a loro sempre negato o concesso come se fosse se una “benemerenza” e penso a quanto dovette lottare la stessa Marie Curie. La figura di questa scienziata, troppo presto dimenticata e fatta rivivere dalla Lo Iacono, possa essere di stimolo, per quelle giovani donne, ad andare avanti nei propri sogni e a non arrendersi mai.
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