LA FINE DEL MONDO E IL PAESE DELLE MERAVIGLIE Haruki Murakami

LA FINE DEL MONDO E IL PAESE DELLE MERAVIGLIE Haruki Murakami

LA FINE DEL MONDO E IL PAESE DELLE MERAVIGLIE, di Haruki Murakami (Einaudi)

 

Difficile da inquadrare come genere, a metà tra il trattato scientifico, il surreale, l'horror e il fantasy presenta tutti i topos dell'autore che ritroveremo nei romanzi successivi: ombre separate dai corpi,
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Recensione 1

“L’immaginazione è libera come un uccello e vasta come il mare. Nessuno la può fermare”

Avete mai tentato di interpretare un sogno (o un incubo) di quelli lunghi come film che si manifestano senza volontà dopo che vi siete abbandonati nelle braccia di Morfeo? Di mettere ordine, appena destati, nel caos tentando di ricomporre i pezzi frammentari e confusi di quel sogno notturno?

Riflettiamo. Quante volte abbiamo sognato scene assurde e insensate senza capire il perché affiorassero nel sonno profondo senza un apparente motivo logico e senza alcun legame con la nostra esistenza quotidiana?

Eppure li sentiamo dentro questi incubi, li ricordiamo al risveglio come assurdità essenziali focalizzando nella mente perlopiù in maniera inconscia alcuni insignificanti particolari emersi dalle tumultuose e frammentarie visioni oniriche e ci sentiamo inspiegabilmente turbati. Al risveglio proviamo un senso di perdita e, spesso, l’esistenza che conduciamo ci appare ancora più limitata e assurda, terribilmente frugale nella sua concretezza proprio per l’incapacità di cogliere il significato della vita e del sogno stesso. C’è un qualcosa che ci confonde. Capita, poi, anche, nell’esistenza che chiamiamo cosciente, di rivivere scene già vissute (déjà-vu) sentire odori mai sentiti, confondere sensazioni già percepite, accavallare scene mai realmente vissute.

Coscienza, inconscio, dimensione parallela, un altro mondo? Boh! Matrix?!
Tutto ci appare sostanzialmente fallace senza un valido e logico perché. A me è successo. E succede ancora. Ci sentiamo come Orfeo in cerca di Euridice, affamati di qualcosa (l’amore?) ma impazienti di raggiungerlo tanto da raggirarlo con l’inganno. Se ci fermassimo ogni tanto a riflettere e prendere respiro…forse, chissà.

Ebbene Murakami ha la facoltà di creare storie razionalizzando i sogni (incubi), offrendo ai lettori un’immagine percettiva del mondo apparentemente del tutto nuova. Perché Murakami è capace di leggere la dimensione onirica rispetto alla gran maggioranza degli esseri comuni, compresa io, ovviamente. È questa la differenza, la genialità: ricavare dall’assurdo un certo senso logico di ogni cosa, riuscire a scavare nel mondo interiore. Penetrare, in virtù della sua contemplativa prospettiva orientale, le concrete mura di una società dominata dalle mode occidentali, congestionata dal politically correct, prive di ombre e luci naturali.

L’abilità di creare, almeno nei suoi scritti surreali, un ponte fra l’emisfero cerebrale destro con quello sinistro affinché vengano eliminate quelle barriere che impediscono l’evoluzione dell’essere umano, e ci porge con la sua mirabile scrittura, in un piatto d’argento, delicate gemme. Ognuno di noi è un caleidoscopico mondo multidimensionale. Basta saperlo leggere. C’è tanto ancora da scoprire, basterebbe decodificare i messaggi di questa personale “scatola nera”.

Mittente e ricevente fanno parte della stessa unica sostanza.
“La fine del mondo e il paese delle meraviglie” sono due storie parallele ricavate dagli incubi elaborati nelle tenebre più oscure di cui Murakami è il valido regista.

Non ci sono nomi, né luoghi, esistono solo mondi sotterranei o con alte mura. Non esistono grandi azioni, ma gesti lenti e piccoli oggetti che si muovono con la cadenza del vento. Esistono particolari dal ticchettio regolare come il battito del cuore.
Non sto qui a riassumervi la trama, non avrebbe senso, tuttavia vi invito a percorrere i sottosuoli di una Tokyo futuristica e disumana insieme a un spaesato Cibernetico in compagnia della morbida ragazza grassa – avvolta nel suo tailleur rosa dal tessuto serico come il suo volto – e di un vecchio e strampalato professore – un Leonardo da Vinci in età moderna -;  vi invito ad attraversare le vie spettrali di una città anestetica e analgesica circondata da alte mura a fianco del Lettore dei Sogni privato dalla sua ombra e circondato da spettacolari unicorni.
E quando leggete non fatevi domande ma esplorate nelle parole ciò che vi sta dentro e cercate di rendere quel discontinuo barbaglio interiore almeno palpitante e radioso nel buio fitto di questa vita misteriosa.

Lo stile Murakami è talmente semplice e traboccante di profondi pensieri espressi in modo limpido e cristallino da risultare incomprensibile a prima lettura. Come la purezza, d’altronde.
Uno stile illuminante per chi ha la voglia di vedere oltre.
A far da sfondo l’immancabile colonna sonora rock e jazz.

Di Murakami, scrittore talmente pragmatico e ragionale da risultare ossessivo, mi piacciono le sue storie surreali poiché le trovo di un’attrazione insuperabile, un canto di sirene odisseico.
E rispetto alle storie reali quale, per esempio, Norvegiam Wood, un funesto mattone, ho amato “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” proprio per quel non so che di vaga inconsistenza.
Ma chissà, può darsi che è proprio questa eccessiva razionalità che fa viaggiare Murakami tra i sogni. E i suoi viaggi risultano tanto spettacolari poiché non delineano confini all’immaginazione.

“È difficile esprimere a parole le sensazioni che si provano – aggiunsi – Tutti ci provano in tanti modi, ma quasi nessuno ci riesce.”

Recensione di Patrizia Zara

 

Recensione 2

 

Difficile da inquadrare come genere, a metà tra il trattato scientifico, il surreale, l'horror e il fantasy presenta tutti i topos dell'autore che ritroveremo nei romanzi successivi: ombre separate dai corpi,
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Secondo voi non stona un giapponese nel paese delle meraviglie al posto di Alice? Anche se quel giapponese si chiama Murakami ed è pregno di filosofia occidentale? Secondo noi sì! Infatti questo romanzo, uno dei primi dello scrittore datato 1985, proprio non riesce ad entusiasmare il lettore spaesandolo con cervellotiche spiegazioni e stucchevoli descrizioni paesaggistiche di mondi surreali.

 

 

Difficile da inquadrare come genere, a metà tra il trattato scientifico, il surreale, l’horror e il fantasy presenta tutti i topos dell’autore che ritroveremo nei romanzi successivi: ombre separate dai corpi, dicotomia degli opposti, dimensione a-temporale, buio opprimente, spazi chiusi, teschi, unicorni.

 

 

Prendendo spunto dalla città ideale descritta da Platone ne “La Repubblica” (priva però delle implicazioni politiche) e dalla teoria “dell’eterno ritorno” del filosofo tedesco Nietzsche, Murakami le interfaccia con la neurofisiologia dando luogo ad uno scontro tra coscienza (dal latino cum scire, ovvero “essere consapevole”) e le possibilità infinite che si celano all’interno del nostro cervello: il risultato sono due storie all’apparenza antitetiche che alla fine convergono e che richiamano alla memoria le nostrane “convergenze parallele” o la più orientale concezione dello “Yin e Yang”.

Cinquecento e passa pagine per dire che essere se stessi, con le proprie imperfezioni e difetti, vivere la vita secondo le proprie possibilità, equivale ad essere perfetti nella propria imperfezione.

Usando le medesime parole dell’autore questo romanzo “non è la fine del mondo”.

Recensione di Luigi Salerno

LA FINE DEL MONDO E IL PAESE DELLE MERAVIGLIE Haruki Murakami

 

Difficile da inquadrare come genere, a metà tra il trattato scientifico, il surreale, l'horror e il fantasy presenta tutti i topos dell'autore che ritroveremo nei romanzi successivi: ombre separate dai corpi,
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