LA FIGLIA FEMMINA, di Anna Giurickovic Dato
Romanzo d’esordio della giovane catanese Anna Giurickovic Dato, candidato al Premio Strega 2017, “La figlia femmina” ci porta all’interno di torbide dinamiche familiari, in una spirale inquietante e morbosa, adescatrice e intollerabile, capace di avvolgere il lettore in una ragnatela di sensazioni cupe e appiccicose.
Silvia è sposata con Giorgio, un diplomatico che viene trasferito a Rabat per svolgere il suo lavoro. La coppia ha un’unica figlia, Maria, verso la quale il padre riversa tutte le sue attenzioni malate e le sue innaturali inclinazioni all’insaputa della moglie, la quale è impegnata a coltivare l’allegria e la soddisfazione di avere una famiglia felice che la faccia sentire protetta e realizzata. I colori e i profumi del Marocco, la sua incredibile luce e la sua gente fanno da sfondo a tanta apparente compiaciuta letizia.
Un tragico episodio interrompe questa manifesta perfezione e la scena si sposta a Roma. Ora Silvia, la voce narrante del libro, si trova da sola con Maria che ormai adolescente è diventata una ragazzina alquanto problematica, in conflitto con la madre, con degli atteggiamenti non sempre confacenti alla sua età e di cui sia i compagni che gli insegnanti si sono accorti segnalandoglieli inutilmente mentre lei, imperterrita, continua a minimizzare e a non vedere in lei alcun disturbo comportamentale.
Finchè un giorno Silvia, decisa a riappropriarsi della propria vita attraverso la relazione con Antonio, il suo nuovo uomo, deciderà di fargli conoscere questa figlia così problematica. Ma quella che doveva essere una bella giornata si trasformerà in un diluvio di consapevolezze atroci che, nel ripercorrere le tappe della propria esistenza renderanno Silvia, che era stata sempre apatica e passiva, finalmente conscia di ogni più piccolo particolare di quel passato, finora immerso in una nebbia densa e opalescente, che ha distrutto la vita di Maria e che ha fatto di lei una madre inadeguata a proteggerla.
Ma Silvia era davvero all’oscuro di tutto o preferiva non vedere una realtà che l’avrebbe distrutta? E per non esserlo, avrebbe quindi sacrificato la vita della propria figlia? Possibile non fosse a conoscenza delle lacerazioni interiori del suo amato marito? E cosa sapeva la nonna Adele degli istinti perversi del proprio figlio Giorgio? E come ha fatto Maria a trasformarsi da vittima a carnefice usando il gioco dell’ambiguità e della seduzione per punire tutti i colpevoli che le avevano rubato l’infanzia e il futuro?
L’autrice affronta la scabrosità dell’argomento con grande delicatezza, non soffermandosi sulle scene più scottanti e facendo sfumare i quadri dipinti in una dissolvenza quasi onirica. Le emozioni, positive e negative, di tutti i “perdenti” di questa storia sono però lasciate troppo in superficie e avrebbero giovato di un lavoro di scavo più profondo che è invece trasferito completamente alle riflessioni del lettore.
Sarebbe stato preferibile anche un finale un po’ più deciso ed efficace che concedesse un sapore di amarezza pungente e non lasciasse ancora una volta il lettore a navigare attraverso la foschia del disagio e dell’impotenza, sensazioni più difficili da scacciare via.
Recensione di Maristella Copula
Recensione presente nelle 5 recensioni più cliccate a Maggio 2020
Commenta per primo