LA CRIPTA DEI CAPPUCCINI (Die kapuzinergruft), di Joseph Roth
Joseph Roth diede alle stampe questo libro da Parigi, dove era finito, disperato e senza più radici, lui, austriaco ebreo, in seguito all’Anschluss, cioè l’annessione che Hitler fece dell’Austria alla Germania nel 1938.
Sarebbe morto l’anno dopo a 45 anni.
Il volume e’ la continuazione ideale di La marcia di Radeski (per me il suo capolavoro:
più pathos, più spessore psicologico e anche spessore di pagine, 416 contro 190 della Cripta).
Vale anche qui il discorso fatto per La marcia…
consiglio la lettura a chi ama gli scrittori della
Mitteleuropa e particolarmente il periodo che va dalla metà dell’800 in poi.
Sono entrambi libri “al maschile”.
Allora l’impero austro- ungarico si estendeva
dal Lombardo-Veneto sino ai confini con la Russia ed era un crogiolo di culture, lingue, religioni tenute insieme da una efficiente burocrazia e da un (ingenuo?) attaccamento alla monarchia degli ASBURGO.
Così era anche la famiglia Trotta da cui
Francesco Ferdinando discendeva.
Ma già alla metà dell’800 gli stati nazionali avevano incominciato ad agitarsi per conquistare l’indipendenza. (compresa l’Italia)
Nella sua prosa mirabile, poetica ed evocativa,
Roth sembra parlare di sé stesso mentre descrive lo sradicamento del protagonista quando dice “… dove devo andare ora, io, un Trotta…”
Potrebbe sembrare spoiler ma la conclusione è già nel titolo:dove poteva trovare un momentaneo conforto, dove avere un rifugio
se non nel luogo dove riposavano le spoglie dell’imperatore che per lui rappresentava casa, passato, sicurezza in un mondo che non riconosceva più?
In mezzo c’è tutta la vicenda sulla quale sorvolo.
Tutto questo attraverso la penna di un grande narratore, cantore senza speranza di un impero morente.
Recensione di Ornella Panaro
Titolo presente anche in Un Libro in un Tweet
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