IL VISCONTE DIMEZZATO Italo Calvino

IL VISCONTE DIMEZZATO, di Italo Calvino

 

Italo Calvino
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Estremamente breve, estremamente geniale.
Scrivere una fiaba truce (ma quale fiaba non lo è, riflettendo) dalla scrittura cadenzata – tanto da ricordare la voce degli antichi cantastorie – che ha come protagonista, antagonista ed elemento magico una persona sola, ha del fantastico. Non c’è altro termine.
Il nostro genio ha spazzato orchi, streghe, non ha avuto bisogno di fate, ha osservato l’umanità e ha creato un piccolo capolavoro, sorprendendo i lettori/le lettrici con la sua inesauribile fantasia.

Il visconte Medardo è il bene (protagonista), è il male (antagonista) è l’umanità (elemento magico), tutti in uno.
Se l’inglese Stevenson nel suo “Dr Jekyll e Mr. Hyde” ha avuto bisogno di una porzione per distinguere la malvagità dalla virtù, Calvino ha tagliato un uomo in due per spiegarci, sorprendendoci e divertendoci, l’essere umano che, per essere tale, deve essere sia demone che santo affinché la sua vita terrena possa considerarsi completa.

 

Simpaticamente sconcertanti tutti i personaggi che ruotano nella terra di Terralba: la ingrullita balia Sebastiana, l’unica che riconosce nelle due metà l’intero Visconte, gli ugonotti dalla religione personalizzata in “peste e carestia”, i lebbrosi, l’umanità che non ha nulla da perdere e si disperde in cose effimere, il dottor Trelawney e i suoi fuochi fatui che lo distraggono dal suo compito sanitario e Pamela, la contadina sempliciotta che con la sua non devozione alla famiglia riesce a ricongiungere le due metà dell’ infelice visconte.
E per ultimo il piccolo narratore senza nome che, non so perché, ho identificato con un Calvino fanciullo: “ero giunto sulle soglie dell’adolescenza e ancora mi nascondevo tra le radici dei grandi alberi del bosco a raccogliere storie. Un ago di pino poteva rappresentare per me un cavaliere, o una dama, o un buffone; io lo facevo muovere dinanzi ai miei occhi e m’esaltavo in racconti interminabili. Poi mi prendeva la vergogna di queste fantasticherie e scappavo”.

 

 

Morale: malvagità e virtù sono da considerarsi egualmente disumane. La completezza dell’essere umano sta nell’equilibrare i due sentimenti in cui turbinano svariate sfumature e gradazioni;  non certo per trovare una felicità, purtroppo effimera in questo mondo, ma soprattutto per evitare di vivere a metà, traballando nel vuoto.

Una divertente lettura seria per tutti

“Non c’è notte di luna in cui negli animi malvagi le idee perverse non s’aggrovigliano come nidiate di serpenti, e in cui negli animi caritatevoli non sbocciano in gigli di rinunzia e devozione”

P.s. per completare la trilogia mi accingo a leggere “Il cavaliere inesistente” con tanta curiosità

Recensione di Patrizia Zara

IL VISCONTE DIMEZZATO Italo Calvino

 

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