IL BAMBINO SENZA NOME, di Mark Kurzem
Quando mio marito mi ha dato questo libro, ho pensato che fosse l’ennesimo drammatico romanzo sulla Shoa, ma mi sbagliavo di grosso. Prima di tutto perché non è un romanzo, dato che è l’avventurosa biografia del padre dell’autore, e poi perché non mi aspettavo assolutamente niente di simile! Dire che mi ha lasciata di stucco questo libro è veramente poco.
Mark Kurzem è un ricercatore australiano presso l’università di Oxford.
Una pomeriggio del maggio 1997, dopo aver comprato diversi libri, di ritorno a casa, con l’allettante prospettiva di passare parecchie ore immerso nella lettura, si vede piombare su due piedi suo padre, ansioso di parlare e confidargli qualcosa.
Parte da lì l’affannosa ricerca delle vere origini del genitore, un immigrato bielorusso, naturalizzato lettone, quindi australiano.
Alex, questo il nome, ricorda solo qualcosa delle sue origini, ma sa, con certezza, che a 5 anni fu salvato da un plotone di esecuzione di Ebrei, grazie al sergente Kulis, un lettone che lo prese a benvolere mentendo ai suoi commilitoni e ai suoi superiori, sulla vera identità del bambino, il quale non ricorda neanche il suo nome. Da quel momento lì il piccolo verrà “adottato” dai soldati filo-nazisti lettoni e vestirà perfino l’uniforme delle SS.
I ricordi di Alex però, che è rimasto anche traumatizzato da ciò a cui è stato costretto ad assistere, pur essendo stati repressi e nascosti per tanti anni perfino ai suoi familiari, tornano, a tarda età, prepotentemente a galla, tormentandolo e inducendolo a chiedere aiuto al figlio maggiore Mark appunto, affinché scopra cosa vogliano dire due parole che ricorda solamente essere state molto importanti nella sua infanzia: Koidanov e Panok.
Pian piano, il figlio inizierà a ricostruire, anche grazie all’aiuto di altre persone, che si occupano di studi sulle persecuzioni ebraiche durante il nazismo, la storia e il passato del genitore…
Ciò che verrà fuori sarà una vicenda al limite dell’incredibile.
Il Bambino senza nome non è un romanzo, bensì una scioccante testimonianza vissuta davvero sulla propria pelle dal padre di Mark, che dev’essere letto almeno una volta nella vita, affinché ciò che è successo, non si realizzi mai più.
La lettura è piacevole e scorre via veloce tenendo il lettore costantemente incollato alle 431 pagine dall’inizio fino alla fine, nonostante l’autore non sia un romanziere di professione. Kurzem è stato in grado di narrare l’intricata vicenda paterna in un modo veramente ammirabile. Peccato che sia deceduto nel 2009 e non abbia più scritto altro, per quanto ne sappia, perché sarebbe sicuramente stato un bravo scrittore.
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