GIARDINO CENERE Danilo Kiš

GIARDINO, CENERE, di Danilo Kiš (Adelphi)

Come da un baule sommerso in soffitta riemergono i ricordi per immagini di un’infanzia, vissuta in un tempo e in un luogo indefinito, collocabile nei confini irregolari di una Mitteleuropa a cavallo tra le guerre. E al centro c’è un bambino che vuol sconfiggere la morte e il sonno, intorno a lui una famiglia, una madre amorevole, una sorellina e un padre ingombrante, idealizzato a tal punto da prender le sembianze di un semidio in rendigote e bombetta, quasi uscito dalla penna di Bulgakov o da un quadro di Magritte.

Gli oggetti ondeggiano nella memoria in un chiaroscuro color nostalgia, che è sofferto distacco dal Paradiso d’infanzia, quando la storia bussa alla porta – ora i pogrom, ora le deportazioni – tuttavia l’inconscio sa rimodellare il passato, correggere gli orrori, addolcire una fine. Eros e Thanatos sono il Giano bifronte che segna il passo delle stagioni, il verde giardino della primavera, sinestesia di suoni e di profumi, contrapposto al grigio sapore della cenere che riduce in polvere ogni esistenza. Danilo Kiš, una certezza.

Recensione di Riccardo Del Dotto

GIARDINO CENERE Danilo Kiš

L’isola dei tesori, dove gli animali sono preziosi

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