DNA CHEF, di Roberta Lepri (Voland – gennaio 2023)
DNA SCRITTORE
C’è sempre tanto di Roberta Lepri nelle sue narrazioni qualunque sia la storia, in qualunque epoca e dovunque sia ambientata. Le sue narrazioni così diverse hanno spesso un denominatore comune: la ricerca, talvolta la scoperta improvvisa, delle radici. Ogni tanto cedo alla “perversione” di pubblicitario (ex pubblicitario, ma non ne sono certissimo) e invento claim per il modo di essere degli amici, qualunque mestiere facciano. Per Roberta: “scrivo per trovarmi”, in alternativa “scrivo per scoprirmi”.
Il protagonista di questa storia è Guido Nocentini, chef pugliese di ascendenze toscane come denuncia il cognome, che vive la passione dell’invenzione gastronomica ma vive anche perennemente incazzato, insoddisfatto, irrisolto. Nonostante i riconoscimenti arrivino e con quelli anche un’agiatezza economica, Guido al di fuori della passione gastronomica non riesce a stabilire alcun altro rapporto motivante con la vita intorno e “gli abitanti” di quella vita intorno: nel deserto della sua esistenza anaffettiva solo qualche sprazzo ciclico, più spesso occasionale, di rapporto affettivo.
QUELLE TAGLIATELLE VINCENTI
Finché non scopre che le tagliatelle all’uovo di gabbiano e polpa di riccio, piatto che credeva di sua invenzione e che gli aveva consentito di “sfondare” a Londra, era stato preparato per la prima volta dal nonno toscano, confinato politico alle Isole Tremiti negli anni del Fascismo. E improvviso gli scatta il senso delle radici ma nella forma deviata dell’auto compiacimento: la genialità di chef ce l’ho nel DNA!
E parte da Milano per le Tremiti per assolvere, con grande ritrosia, a una richiesta del padre morto e si troverà a scoprire man mano storie di famiglia che s’intrecciano con la Storia con la s maiuscola. E soprattutto scopre il suo senso dell’umano nella continuità familiare, tra eroismi e lacerazioni e le tante possibili forme dell’amore.
Ora il rischio di un romanzo così è quello tipico del lettore-consumatore che legge “tutto di un fiato” (e pensa di fare un complimento quando lo dichiara!) per sapere “come va a finire”, perdendosi tutte le sfumature e le atmosfere che sono nell’uso accorto delle parole ma anche nel non detto, nel non scritto.
Se non avete immaginato, in alcuni momenti, di essere lì a tirare la sfoglia, se non avete avvertito il profumo di quelle tagliatelle, se non avete cercato sul web qualche immagine delle uova di gabbiano, se non avete avvertito il cambio di atmosfere dalla Taranto mediterranea del mare a quella cupa delle acciaierie, dall’algidità londinese e dalla spietata e pur seducente efficienza milanese al calore cristallino delle Tremiti, se non avete avvertito l’eco del toscano fiorentino di nonno Nocentini, la capacità di amare in silenzio di Beatrice, la sensibilità nobile, elegante e tragica di Vittorio … beh, devo dirvelo: siete dei lettori compulsivi, praticamente onanisti che date risposte frettolose e meccaniche a una delle tante forme nevrotiche di consumismo.
AMICI E RECENSIONI
Dimenticavo: Roberta Lepri è un’amica, come ho indirettamente dichiarato già in premessa. Ma credo davvero non incida sul tenore della mia recensione. Come ben sanno amici e conoscenti che continuano a inviarmi la loro sempre più abbondante produzione, non posso impedirgli di farlo, ma devono tenere ben presente che “se entro un ragionevole lasso di tempo, non ho detto o scritto nulla sul vostro parto letterario o saggistico, non chiedetemi perché. Potrei anche dirvelo!”
Da ultimo: “Roberta Lepri DNA scrittore”. No, non è un errore; è voluto. Avessi detto “scrittrice” poteva sembrare che volessi limitare il riconoscimento all’ambito femminile. Il DNA di Roberta non ha confini di genere.
Recensione di Marco Stancati
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