Abbiamo intervistato Paolo Mirti, giornalista e scrittore. Il campione e la bambina è il suo ultimo lavoro

Abbiamo intervistato Paolo Mirti, giornalista e scrittore. Il campione e la bambina è il suo ultimo lavoro

 

Paolo Mirti, giornalista e scrittore, autore di romanzi di successo come La Società delle Mandorle (Giuntina, 2006) che torna in libreria con Il Campione E La Bambina (Raffaello Editore, 2022) nel quale racconta la vicenda umana e sportiva di Gino Bartali che, durante la Seconda Guerra Mondiale, collaborò alla salvezza di molti cittadini di religione ebraica.

 

Come è nata l’idea alla base de Il Campione E La Bambina?

Sono rimasto affascinato dalla vicenda degli ebrei salvati ad Assisi, una grande storia corale di umanità e di coraggio civile: ho parlato con diversi protagonisti di quella vicenda ed  è emerso il ruolo che Bartali  ha avuto per la salvezza degli ebrei dalla deportazione e la sua collaborazione con il comitato clandestino di Assisi. Così, ho deciso di raccontare questa storia.

 

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Quanto c’è di te e delle tue esperienze personali nei personaggi e nelle vicende dei tuoi libri?

 In ogni  libro c’è sempre un pezzo di te e della tua personale esperienza di vita: in questo caso sono partito da un racconto ascoltato in famiglia e da una mia precedente esperienza letteraria, perché ho scritto una guida di Assisi.

 

Come descriveresti  il tuo stile di scrittura?

 Sono convinto che scrivere sia prima di tutto un atto di generosità nei confronti di sé stessi e degli altri, quindi il mio sforzo principale è sempre quello di essere più comprensibile possibile, riducendo al minimo possibile i virtuosismi stilistici  e tagliando quello che non è essenziale al dipanarsi della storia. Un lavoro di sottrazione non certo facile ma indispensabile.

 

Paolo Mirti

 

Che tipo di scrittore sei?

Per la verità non sono “autore” in senso classico, quello che costruisce il romanzo a partire dalla sua dimensione soggettiva indipendentemente da una narrazione vera e propria: io scrivo quando sento di avere una bella storia da raccontare e a quella  devo ancorarmi, mettermi al suo servizio perché, se è davvero potente, raccontarla può cambiare nel lettore il modo di percepire sé stesso ed il mondo esterno.

 

Quali sono i tuoi modelli letterari? A quali libri o scrittori/scrittrici senti di poterti ispirare?

Un autore è inevitabilmente influenzato dallo stile e dai contenuti dei libri che ha letto e che ha amato di più: io non credo di ispirarmi ad un autore particolare ma posso citare, tra i miei preferiti, Gabriel Garcia Marquez, Andrea Camilleri e Antonio Scurati.

 

 

 

E’ facile conciliare l’attività di scrittore con la vita di tutti i giorni?

Non è sempre facile ritagliarsi degli spazi adeguati per scrivere, ameno di non essere professionisti ma io non credo al mito dello scrittore chiuso nella sua torre, perché penso che la scrittura si alimenti con la vita vera, con i suoi sentimenti e con le sue relazioni.

 

Che tipo di lettore sei?

Onnivoro ed assolutamente libero di interrompere la lettura di libri che non mi coinvolgono, di spaziare in ambiti e settori diversi tra di loro, perché la differenza tra i libri non la fanno i generi ma la qualità della scrittura.

 

Come sei arrivato alla pubblicazione del tuo libro?

Quasi per caso. Ho conosciuto una persona che lavora all’interno del settore narrativa di Raffaello editore e gli ho esposto il mio progetto di scrivere un libro capace di raccontare la Shoah ai ragazzi attraverso la storia dell’impresa di Gino Bartali e dei rifugiati ebrei che hanno trovato la salvezza ad Assisi, in particolare di una ragazza tredicenne nascosta con la sua famiglia sotto falso nome. Mi ha chiesto di inviare loro un soggetto più compiuto perché lo avrebbero valutato e così è iniziato il percorso di scrittura da parte mia che, dopo la prima stesura, sono riuscito ulteriormente a perfezionare grazie all’apporto della casa editrice.

 

 

 

Come valuti l’influenza e l’importanza delle reti sociali e della tecnologia per uno scrittore indipendente o comunque che pubblica al di fuori dei colossi dell’editoria?

 

Ritengo che sia sempre più importante. Uno scrittore deve essere capace di stabilire un contatto continuo con i propri lettori che non si limiti al prodotto finito ma che si alimenti giorno dopo giorno attraverso un costante dialogo e scambio. Solo in questo modo si può formare uno zoccolo duro di lettori autenticamente interessati all’universo narrativo dell’autore.

 

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