TÌNA, di Marco Piermattei ( Edizioni Scatole Parlanti – gennaio 2022)
Il segreto della felicità non è una formula magica. Ci assomiglia. Il problema è che siamo più attratti dalle formule che dalla sostanza delle cose. Ancora una volta sono i numeri a tenerci occupati e non i nostri sogni. Tìna è il sogno ma non la formula. E il segreto s’infrange sugli scogli. Con le onde possenti del mare se scivola via dal nostro cuore.
Storie. Ci sono tante storie che s’intrecciano con la storia dei due protagonisti. Isole. Klivia e Aldo. Un romanzo di rimbalzo. La dicotomia uomo donna. La visione unica dell’io. La solitudine nella coppia. Il pensiero che mai si scioglie completamente nel pensiero dell’altro. I capitoli sono sempre gli stessi: i nomi dei protagonisti si alternano in una struttura che non cambia. 33 capitoli. 17 Aldo 16 Klivia. Non a caso, la parola è data in apertura e in chiusura a Aldo. Forse è un modo per dire che il suo punto di vista è quello che domina. Lo sguardo soggettivo è dato dal suo punto di vista. Pertanto anche quando parla Klivia è come se il suo pensiero, le sue emozioni, le sue osservazioni fossero filtrati da quelli di Aldo, rimanendo pur sempre autonomi nel loro essere.
La struttura del romanzo scorre su due binari che spostano la trama come se fosse una pallina da tennis da un campo all’altro. Questo movimento crea una sorta di malessere nel lettore che ricorda il mare e le sue onde quando vi navighiamo sopra specialmente se scosso da forti venti.
Non si può sfidare le onde più del necessario. Il necessario già è quella cosa che si cerca ma si confonde con gli strumenti che adoperiamo nelle nostre ricerche. Spesso però non c’è sviluppo, non si trovano le soluzioni perché il binarismo separa, lascia gli umani chiusi nei loro capitoli incapaci di emergere e aprire i confini. È necessario scavare dentro di noi per trovare la forza e il senso della vita che va oltre noi stessi e si definisce nell’altro nostro prossimo. In loro c’era un seme di speranza. O meglio nello scambio fra noi e gli altri è possibile coltivare la fiducia nel futuro e il nascere di sentimenti positivi. Se questo scambio non avviene si perde la voglia di continuare il sogno.
Personaggi irrisolti certo, ma è la vita stessa ad essere irrisolta, a non offrire capacità di soluzione. Le isole non accolgono altre isole. Le isole inducono a concentrarsi su poche vie. Da percorre per giungere nel luogo dell’altro. Questo è quello che cercano di fare i protagonisti: trovare se stessi negli altri. Trovare un rifugio nell’amore può sembrare sufficiente all’inizio. Ma non è il senso di casa che costruisce futuri ponti: è il senso dello spostamento, del continuo muoversi e del sostare nel campo avversario forse un po’ di più di quanto non faccia la pallina da tennis durante la partita.
Klivia e Aldo ci lasciano che ancora devono trovare il modo di sostare ognuno nel campo dell’altro. E il finale è aperto, sembra che la voglia e le azioni ci siano da entrambe le parti. Parti che rimangono nella non definizione del continente, mentre sull’isola l’identità brilla. Altrove è a rischio ma è un rischio da correre. Il sogno dell’isola rimane, ma è importante far sì che il sogno diventi realtà. Trovare il come.
La scelta che ognuno compie diventa poi il primo passo del come.
La modalità di scrittura suggerisce la lettura ad alta voce, come si evince dall’esergo: «Pochissimi scrittori, specie quelli che non hanno ancora trovato un editore, sanno resistere all’invito di leggere ad alta voce. Preparai da bere per tutti e due, dopo essermi sistemato nella poltrona davanti a lei, cominciai a leggere con la voce un po’ tremante, per uno strano miscuglio di paura da palcoscenico e di entusiasmo: era un racconto nuovo, l’avevo terminato il giorno prima, e non avevo ancora avuto il tempo di avvertire l’inevitabile sensazione di inadeguatezza.» (Truman Capote)
Lo scrittore, sceneggiatore, drammaturgo e attore statunitense, vero dandy e frequentatore della high society americana, innamorato perso di Marilyn Monroe, con il suo “Colazione da Tiffany” interpretato da Audrey Hepburn contro la sua volontà sembra indicare un disagio al quale nessun scrittore sfugge. L’ansia di prestazione non è la sola componente di questo disagio. C’è anche la solitudine del rapporto amoroso, del rapporto libro-autore prima e libro-lettore poi. E l’incertezza del rapporto scrittore-libro prima e libro-editore poi.
La domanda che si farà il lettore – sin da queste prime righe – è del tipo filosofico: è nato prima l’uovo o la gallina? Man mano che andrà avanti con la lettura, riuscirà ad articolare meglio la domanda, in qualcosa di simile: il ponte fra i due protagonisti sarà la voce o la scrittura, essendo i loro corpi consapevoli che non si bastano?
Ma è la voce di Teresa De Sio sempre in esergo a innalzarsi calda, profonda, possente sopra le pagine lette: «Questo giardino italiano sembra fatto per lasciarsi abitare, coi suoi balconi di menta, le case basse che annunciano il mare, terra buona da arare, buone radici da masticare.» E ancora: «Giorno dopo giorno, cerco un paese dove è facile abitare, anno dopo anno, cerco una strada meno ripida da fare, per lasciarmi scivolare.»
Eccoci preparati a scivolare verso Tìna e i suoi segreti, verso la nostra isola e i nostri segreti dove potremo anche noi strafogarci: «di pesche e di albicocche.» e come Aldo guardare «quel manto terroso declinare verso il mare [e ci sembra] di leggere una poesia.» (p 46)
Recensione di IO LEGGO DI TUTTO, DAPPERTUTTO E SEMPRE. E TU? di Sylvia Zanotto
Tìna Marco Piermattei
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