RANDAGIO È L’EROE Giovanni Arpino

RANDAGIO È L’EROE, di Giovanni Arpino (Minimum Fax – aprile 2022)

 

Sono persone eccezionali, spesso uniche. Sono esseri che continuamente subiscono la deformità della propria identità che al tempo stesso diventa coraggiosa. Sono realtà che si aprono al mondo con una curiosità rivolta all’umanità. Sono uomini che viaggiano su strade differenti, correndo e combattendo, lottando fino a ché le loro forze non le abbandonano. Sono uomini afflitti da spiriti diversi, che navigano in una logica propria, nutrendo grandi pensieri di cambiamento, che spesso possono risultare boriosi in una realtà marcescente.

Sono questi gli uomini che contribuisco a rendere il momento leggendario, coraggioso, uomini che con il loro intervento generano mutamenti che portano l’essere a diventare eroe.

Grande è l’osservazione, la percezione di queste persone che come nel nostro caso, risultano essere di una sensibilità quasi sovrannaturale, concretezza che arriva da una emarginazione sociale, da chi diventa l’ultimo e resta indietro ad osservare la direzione in cui il suo mondo si orienta.

Eroi inquietanti, staccati da ogni ideologia, di una credenza errante, randagia e priva di padrone, unica ed isolata alla propria fede. Credo infinito che trova conforto nelle parole di un Dio fatto uomo, e per questo aperti alla curiosità per il suo simile, per suo fratello, per il suo mondo.

È una storia d’amore quella che Giovanni Arpino ci consegna, l’amore vero che fiorisce in un’epoca che assapora il gusto della rinascita, ma che rende gli uomini assopiti nella loro condizione egocentrica.

Individualisti immobili, ritirati nella loro insensibilità. Distratti senza una meta precisa e deformati irrimediabilmente nella propria coscienza.

Uomini smarriti in un mondo che ha bisogno di reagire, lasciare il segno della propria esistenza, gridare e far capire che non è più tempo di silenzi. Dimostrare che non si può stare al mondo chiusi nel proprio io, e poi accorgersi di doverlo lasciare senza aver inciso in esso la propria traccia.

Ed è proprio qui che la penna di Arpino scolpisce il suo messaggio consegnandoci l’eroe che combatte con i suoi miseri mezzi, con le sue armi più innocue. Parole silenti, prive di voce, che lasciano il segno sui muri già imbrattati.

Sono Giuan, sua moglie Olona e un loro amico Frank i protagonisti di questa rivoluzione pacifista. Soggetti che si isolano da quella società ordinaria, restando al limite, rimanendo randagi, solitari ed erranti tra i pensieri della loro mente e nei messaggi scritti o incisi sui muri della propria città.

Emarginati, distaccati dalla gente comune, che vaga nella notte per portare avanti un messaggio in nome di una sorta di anarchia dell’amore e non della violenza. Per gridare il proprio pensiero differente, e segnarlo profondamente sui muri che diventano taccuino della propria identità, sovrascrivendolo a quello lasciato da isolati contestatori dell’ordine costituito.

Li dove, il pensiero tumultuoso di una mano operosa, esprime: …” La dittatura alle teste di cazzo”, diventa per opera di un audace eroe vagabondo “Solo la mia ditta cura le teste di cazzo”, firmato Gesù.

Giuan è un omone dall’aspetto possente, e insieme con la moglie vivono di quei pochi guadagni che ricavano dai dipinti dell’uomo. Persona alquanto suggestiva, che conosce per intero la Divina Commedia. Costantemente intento a dipinge la raffigurazione del Cenacolo di Leonardo, rimanendo fermo su una scena che rimane incompleta; recitando a memoria i versi della Bibbia.

Incompletezza di un mondo che non sa completare la sua opera, rimanendo scioccamente a rimuginare la stessa vita priva di quel senso eroico che concretizza la propria realtà. Aspettando il mutamento accidentale di una identità randagia.

Ma il pensiero che esso ha in mente è solo quello di compiere il miracolo, a completare quel quadro che racchiude il senso di un’ultima cena, rivelando il messaggio di speranza che scivola in una brutale indifferenza, verso chi pian piano volge al termine di una totale incomprensione e intollerabile esistenza.

Buona lettura.

Recensione di Giuseppe Carucci

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