MORTE DI UN UOMO FELICE Giorgio Fontana

MORTE DI UN UOMO FELICE, di Giorgio Fontana (Sellerio)

 

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Milano, anni di piombo.

Il protagonista di questo romanzo è un magistrato “brillante, che si occupava di lotta armata da tre anni: ancora giovane, aperto al dialogo e democratico, e per di più molto cattolico”. Possiede uno spiccato senso di giustizia, ereditato dal padre operaio e partigiano, di cui viene narrata la presa di coscienza durante la guerra e gli scioperi nelle fabbriche.

Le vicende del padre partigiano e del figlio magistrato vengono narrate in parallelo, come a suggerire un legame tra il senso di giustizia e l’amore per la libertà di entrambi, negando questo stesso legame con gli anni di piombo, i cui protagonisti invece lo rivendicavano.

Mentre il magistrato procede nelle indagini, si interroga sul paradosso delle accuse di fascismo che lui, rappresentante dello Stato, lui figlio di un operaio ucciso dai fascisti, riceve dai giovani terroristi che si dicono nemici del potere e difensori del popolo. Pur comprendendo in parte le motivazioni alla base dei movimenti di protesta di quegli anni, e riconoscendo gli errori dello Stato che rappresenta, non spiega perché questi giovani non siano capaci di trasformare le cose con pazienza, anziché ricorrere alla lotta armata.

Recensione di Maria Teresa Petrone

MORTE DI UN UOMO FELICE Giorgio Fontana

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