MERCURIO, di Amélie Nothomb
“Quando si ama davvero qualcuno,non ci si può impedire di fargli del male,anche e soprattutto se si vuole la sua felicità”
In “Mercurio” (Ed. Voland 2002) Amélie Nothomb investiga ancora una volta sulla natura della bellezza che può, se eccessiva, confondersi addirittura con la bruttezza. Possederla, trarne profitto, mantenerla, proteggerla e consolidarla è molto difficile e angosciante perché può spingere chi la possiede nei vicoli oscuri dei sentimenti fino a perdersi. Nella bruttezza invece, “non ci sono sfide da raccogliere, basta abbandonarsi alla propria sfortuna….è così confortevole”.
1923. All’interno di un castello arroccato su un’isola battuta dal vento e travolta dalle onde del mare, il settantasettenne Capitano Homer Loncours tiene segregata da cinque anni la ventitreenne Hazel. La ragazza, rimasta orfana a causa di un bombardamento dove ha perso l’intera famiglia, è rimasta sfigurata in un terribile incendio. Il Capitano l’ha salvata e portata nella sua isola e per proteggerla dal suo aspetto ha bandito tutti gli specchi e ogni superficie riflettente. La giovane è infelice e depressa, soffre di solitudine ed è fatta oggetto di ogni premura ma anche di attenzioni sessuali da parte del vecchio benefattore, attenzioni che lei accetta per gratitudine anche se con disgusto.
L’infermiera trentenne Françoise Chavaigne è stata assunta per prestarle assistenza e ogni giorno si reca al castello per curarla. Tra le due si instaura una grande amicizia e tutto cambia perché Hazel, attraverso l’amica, si accorge che il suo candore e la sua purezza sono troppo preziosi per l’amore inadeguato ed egoistico del vecchio Capitano. Insieme al mercurio che Françoise, da buona infermiera ma da “cattiva” chimica raccoglie inutilmente, sottraendolo piano piano dai termometri rotti appositamente, per ricomporlo in una superficie riflettente che possa rivelare alla giovane il suo vero aspetto, si affaccia il messaggio di salvezza che come il Mercurio mitologico la donna vorrebbe portare alla ragazza. E c’è un’altra donna che come Hazel ha subito la stessa sorte in passato… Ma cosa c’è dietro questo amore estremo e innaturale? Quanta torbidità? Quanti segreti? Qual è il vero sentimento che alberga nell’animo della ragazza? Quali le contraddizioni fra le quali combatte? Dove può arrivare l’amore malato di un uomo?
Una favola immersa in un’atmosfera oscura e allucinata, irreale ma non troppo, dove un inquietante e ambiguo rapporto amoroso, suspense, mistero, follia, immensa solitudine, rabbia, compassione, rimorsi, con una prosa sempre elegante e dallo stile inconfondibile, sono portati alla luce dai dialoghi che sono la forza di tutto il romanzo, insieme all’amore per la Letteratura come ancora di salvezza e a quel tipo di sentimento sadico e depravato che vuole imporsi con ogni mezzo per salvare l’altro ad ogni costo.
Due i finali da poter scegliere. L’autrice stessa ci confessa che, dopo aver scritto il primo finale, non ha potuto fare a meno di scriverne un secondo. Sarà il lettore a scegliere quello che più gli aggrada tra i due: uno decisamente roseo e ottimista, l’altro molto più diabolico e perverso. Inutile dire che ho preferito il secondo. A voi la scelta.
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