L’INFERNO DI TREBLINKA Vasilij Grossman

L’INFERNO DI TREBLINKA, di Vasilij Grossman (Adelphi)

Recensione 1

Ci sono libri diversi da tutti gli altri. Libri che ti rimangono dentro e da cui non ti liberi più. Ho capito subito che questo breve libro, letto ieri sera di getto senza potermi staccare dalle sue pagine, appartiene a questa categoria.

Treblika era un campo di sterminio nazista a poche decine di chilometri da Varsavia. Treblinka è stata la più ignobile macchina di morte creata dall’uomo. In poco più di un anno in cui questo mattatoio è rimasto in attività vi sono state uccise, secondo quanto ci dice Grossman, tre milioni di persone senza distinzione tra uomini, donne, bambini, lattanti.

Grossman è molto preciso nell’analisi del funzionamento del campo di sterminio e descrive i minimi particolari del suo funzionamento e i vari aspetti tecnici. Le testimonianze raccolte a caldo sono molto dettagliate e hanno permesso all’autore di ricostruire l’incredibile quadro di morte. Il libro è stato scritto nel 1944, subito dopo l’arrivo delle truppe russe nell’area del campo che era già stato frettolosamente smantellato dagli stessi nazisti che avevano cercato di nascondere le tracce delle loro efferatezze.

Non entro nei dettagli della narrazione. Il libro va letto per avere idea di quello che succedeva in quell’inferno.

Un’opera da proporre nelle scuole, non ai ragazzi più piccoli ma credo adatta per il periodo della maturità. Per non dimenticare ma soprattutto per impedire che simili mostruosità possano ripetersi.

Recensione di Stefano Benucci

Recensione 2

Treblinka, il campo di sterminio fantasma, quello la cui esistenza doveva essere tenuta segreta, quello che i nazisti hanno cercato di cancellare dalla faccia della terra dopo la rivolta portata a termine dai condannati a morte nell’estate del 1944. Ma come era posdsibile costringere al silenzio quel pugno di uomini che erano sopravvissuti e aveva visto in azione l’inferno di Treblinka?

Perché Treblinka non era un normale campo di concentramento, no, no! A Treblinka non dovevi andare ai lavori forzati. Non dovevi sfidare la morte tutti i giorni con la speranza di sopravvivere qualche altro giorno. Nientaffatto. A Treblinka ci si andava per morire e prima di farlo potevi subire torture e sevizie inaudite. A Treblinka, la più grande fabbrica della morte della Germania nazista, i treni e i convogli entravano direttamente in stazione su un unico binario. E chi ci arrivava non sospettava nulla perché nessuno aveva mai sentito parlare di Treblinka. Le stesse guardie che li scortavano non ne conoscevano la destinazione. E quando scendevo dal treno, quella bella stazione tirata a lucido e la finta normalità che vi si respirava era l’ ennesimo inganno per quelle vite condannate a percorrere a piedi la strada nera della morte. Da lì non si usciva più se non da cadaveri per finire nell’enorme fossa comune in cui giorno e notte enormi ruspe vomitavano terra e sabbia, oppure più avanti direttamente sulle enormi graticole che come enormi vulcani bruciavano giorno e notte per eliminare i tre milioni di corpi che passarono di qui.

Questo libriccino, che potresti leggere d’un fiato ma che ti costringe a fermarti spesso per la velatura degli occhi o i pugni allo stomaco che ti trasmette, è nient’ altro che il lavoro del corrispondente di guerra dell’ Armata Rossa Vasilij Grossman scritto nel settembre del 1944 e fondato su decine di testimonianze di prima mano dei pochi fuggiaschi, degli abitanti dei dintorni e delle guardie stesse. Nessuna emotività umana ha potuto aggravarne o renderen più gravi i fatti. Nient’altro che i fatti, nudi e crudi, anzi arrostiti, di ciò che è stato e che allora come oggi suscita sempre le stesse domande: come è possibile che ciò sia accaduto? Cosa ha generato il razzismo? Cosa bisogna fare per evitare che nulla di tutto ciò abbia di nuovo a risorgere?

Recensione di Evelina Loffredi

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