FAME, di Knut Hamsun
Lo dico subito: qualcosa fra me e questo libro non ha funzionato.
Siamo ad Oslo, quando ancora si chiamava Cristiania, e seguiamo le vicissitudini di un uomo, uno scrittore, completamente sul lastrico, senza più un centesimo in tasca…ed una fame che lo divora.
Ha dato tutto ciò che poteva al banco dei pegni, tutto…gli rimane giusto un vestito logoro addosso, i fogli di carta e la matita con cui scrive i suoi articoli che spera sempre di poter vendere al giornale…
Non ha davvero più niente, se non i propri pensieri sempre più assurdi, deformati dal digiuno, e la propria dignità.
Anche troppa.
Quelle poche volte in cui riesce a recuperare qualche soldo…lo spreca, lo cede, lo regala…mentre i suoi deliri provocati dai morsi della fame lo conducono lentamente alla follia.
Uno smarrimento totale, un distaccamento dalla realtà che rispecchia quanto l’uomo possa essere solo in una società spietata.
La scrittura vista come unica àncora di salvezza e di ricerca di se stessi in un mondo che non accoglie, che non ti riconosce come parte di sé.
Tutto ruota intorno alla fame, alla solitudine, all’alienazione sociale…
Fame intesa anche come fame di vita, di amore, di calore, di parole ancora da dire, e da scrivere.
Cosa non ha funzionato, quindi?…non lo so.
Per carità, ne riconosco il valore, il messaggio, lo stile è impeccabile…eppure non mi ha coinvolto, l’ho sentito freddo, anche nei momenti in cui avrebbe dovuto emozionarmi.
Il protagonista è piuttosto irritante…e l’irritazione non è esattamente il sentimento che mi sarei aspettata di provare nei confronti di chi è costretto a masticare trucioli di legno o a succhiare sassolini o a mordersi ferocemente un dito per ingannare lo stomaco dilaniato dalla fame.
Forse mi aspettavo un pathos che non ho trovato, che non ho provato.
Ma Hamsun ha vinto un Nobel, ed io non sono nessuno…quindi, se qualcosa fra noi non ha funzionato, il limite è sicuramente mio e soltanto mio.
Recensione di Antonella Russi
Titolo presente anche in Un Libro in un Tweet
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