Claudio Piersanti: “Boccaccio? La tragedia più grande per un autore è quella di trasformarsi in un aggettivo

Claudio Piersanti

Piersanti: “Boccaccio? La tragedia più grande per un autore è quella di trasformarsi in un aggettivo. L’ho letto all’università e l’ho subito amato”

 

Il vincitore dell’edizione 2021 per la narrativa a Certaldo il 10 e 11 settembre

“L’ho letto all’università e l’ho subito amato. Quando ancora non sapevo di essere anch’io novellatore, anche se naturalmente non oso paragonarmi alla qualità che ha saputo esprimere, e neppure al suo coraggio. Non so se degnamente ma di sicuro anch’io discendo da lui, come tanti altri scrittori italiani vissuti prima di me”.

A dirlo è Claudio Piersanti, vincitore della quarantesima edizione del “Boccaccio 2021” per la Letteratura, riconoscimento che gli sarà consegnato in occasione della cerimonia di premiazione che si terrà a Certaldo sabato 11 settembre, al Cinema Teatro di via del Castello, che porta il nome del grande novelliere toscano: Boccaccio, appunto.

Piersanti è un estimatore del Boccaccio dai tempi dell’università e ne ha subito colto l’originalità narrativa e il suo stile inimitabile come anche gli equivoci, che può generare una genialità compresa solo in parte.

 

quel maledetto vronskij

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Qual è il pericolo più grande per un autore?

La tragedia più grande per un autore è quella di trasformarsi in un aggettivo. Boccaccio ha subìto questo triste destino. Un uomo colto come lui, letterato raffinatissimo anche se certo non lezioso, innovativo, audace, curioso, geniale, dotato di una fantasia inesauribile, di uno stile inimitabile. Lo stesso destino del suo conterraneo Machiavelli, che nessuno ha letto, ma che tutti citano, volendo significare cinismo. spietatezza, e addirittura servilismo. Si pensi anche alle scemenze associate all’aggettivo: kafkiano. Tutti conoscono l’importanza del Boccaccio, l’influenza esercitata sulla poesia e sulla letteratura successive, nessun grande nome escluso, ma vorrei stringere il campo al genere ‘novella’ che ora chiamiamo racconto (breve o lungo che sia). Una tradizione in cui gli scrittori italiani non sono stati secondi a nessuno. L’arte del racconto è infatti il meglio della nostra letteratura recente e contemporanea. Mi sono accorto di scandalizzare qualcuno dicendo che tutti possono mettere insieme un romanzo (di genere, in particolare) e infatti tutti lo fanno. Ma scrivere un racconto, una novella di poche pagine, è molto più difficile, e infatti i dilettanti attuali non ne scrivono. E i lettori neppure li leggono più, e i direttori dei giornali li aborriscono, escludendoli da decenni, per semplice ignoranza, dalle loro pagine. Un tempo c’erano i Montale, i Pasolini, i Parise, adesso… i nomi metteteli voi. Giornalista e scrittore, magistrato e scrittore, medico e scrittore, eccetera eccetera: non si vede altro. In realtà si tratta di banali giallisti (di adoratori di serial killer, di commissari, di indagini, di pistole, di mafiosi e ndranghetisti, di mitragliette), insomma parliamo di dilettanti: chi ha tante qualifiche non ne merita nessuna. La scrittura non è un’attività dopolavoristica, anche se tanti se la attribuiscono come qualifica secondaria. Combatto da decenni questa battaglia, e continuerò a oltranza. Gli editori non vogliono neppure sentire la parola ‘racconto’ ormai è addirittura tabù. Eppure racchiude il meglio della nostra letteratura. Pirandello, Tozzi, Landolfi, Cassola, Bilenchi, ma anche Bassani, Fenoglio, Parise, Moravia, Calvino (Centopagine è stata una delle collane più belle della nostra editoria), e si potrebbe continuare a lungo. L’imbarbarimento dei generi commerciali sta cancellando un patrimonio di cui dovremmo andare orgogliosi. Vorrei parlare per ore, della novella e dei novellatori che amo. Romano Bilenchi diceva che un racconto è tale non per il numero di pagine, ma per il suo ritmo interno. Certo, ci vogliono autori del suo livello per suonare quella musica, e ci vogliono orecchie adeguate per ascoltarla.

 

Scrittore e sceneggiatore per il cinema e la tv, con qualche incursione anche nel fumetto: quanto l’uno deve all’altro?

Mi considero soltanto uno scrittore, un narratore. Vengo dalla filosofia e dalla poesia (anche se non scrivo poesie). Ho scritto tante sceneggiature, ma raramente per vera passione, e considero conclusa da anni l’esperienza. Il cinema per me è stato il rapporto di amicizia con Carlo Mazzacurati. Con lui ho fatto del cinema. Non ho più vissuto niente del genere. Sempre per amicizia, in questo caso con Lorenzo Mattotti, ho anche scritto fumetti. Uno in particolare, Stigmate, che è stato letto in tutto il mondo. Merito di Mattotti, naturalmente, dei suoi splendidi disegni. Sono belle esperienze, e ne vado fiero. Ma io sono proprio (e soltanto) un letterato, da quando neppure sapevo di esserlo.

 

Premio Giovanni Boccaccio

 

La sua narrativa racconta la felicità o l’infelicità di personaggi la cui apparente ordinaria quotidianità rimanda all’unicità di ogni singola esistenza. Alla fine è sempre la vita che prende il sopravvento. Quali sono i personaggi a cui presta maggiore attenzione fino a dare loro ospitalità e renderli protagonisti di una storia?

Difficile, difficilissimo rispondere. I miei personaggi nascono lentamente dentro di me, non hanno alcun rapporto diretto con le mie esperienze. Li aspetto, li accolgo. Sono stati: avvocati, uomini d’affari, falliti, impiegati, professori senza cattedra, librai, contabili, tipografi. Esseri umani che ho amato, donne e uomini. E dai quali mi sono separato dolorosamente. Tanto che non posso neppure rileggerli una volta stampati. La mia vita personale, banale e noiosa, non conta niente: i miei personaggi, che sono altro da me, sono la mia vera vita. Potrà sembrare assurdo, ma ogni tanto mi capita di sognarli, come sogno gli amici che ho perduto. Anche i miei amici avranno qualcosa che mi somiglia, ma sono altro da me. Ripeto un frammento poetico, molto citato ma che mi rappresenta completamente: Je est un autre.

 

Sta lavorando a un nuovo progetto?

Stavo per rispondere: sì, un racconto, ma mi correggo subito. Il mio agente, che voglio ringraziare anche qui perché senza il suo aiuto non combinerei niente, mi raccomanda di rispondere: sì, sto scrivendo un romanzo breve. Mai pronunciare la parola racconto! Questo il quadro attuale. Ma non mi rassegno. Non posso farci niente: io sono un altro e per giunta scrivo racconti, da mezzo secolo e a oltranza. Anche se ci sono solo nato, in Abruzzo, sono pur sempre un testardo di montagna: regione ‘remota’ la definiva Boccaccio… Questo sono: uno straniero, che viene da una regione remota.

Le date da non perdere

Lo scrittore Claudio Piersanti sarà a Certaldo il 10 e 11 settembre prossimi, in occasione della cerimonia di premiazione del “Boccaccio 2021” e delle sue iniziative collaterali, promosse e organizzate dall’Associazione letteraria Giovanni Boccaccio.

Sarà infatti venerdì 10 settembre, al Cinema Teatro Boccaccio, per la proiezione (ore 21.15) del film La giusta distanza (diretto da Carlo di Mazzacurati), di cui ha curato la sceneggiatura.

Il giorno successivo, sabato 11 settembre, sarà al Cinema Teatro Boccaccio (ore 17.30), per ricevere il prestigioso riconoscimento dedicato al grande novelliere toscano insieme alle altre due vincitrici dell’edizione 2021: Alessandra Sardoni per il Giornalismo e Francesca Mannocchi per l’Etica della Comunicazione.


Segreteria – Premio Letterario Boccaccio

Comunicato Stampa – Associazione letteraria Giovanni Boccaccio

 

Certaldo, lì 02 Settembre 2021

 

 

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