
Vince il Premio Strega 2025 Andrea Bajani con L ‘ANNIVERSARIO (Feltrinelli – gennaio 2025)
De “L’anniversario” di Andrea Bajani si sta parlando molto, non fosse altro per il suo essere finalista al Premio Strega 2025 e vincitore del Premio Strega Giovani 2025. In passato mi è successo di essere rimasta sorpresa (per non dire delusa) dalle opere selezionate e poi premiate nell’ambito di questa nota manifestazione, ma i commenti di alcuni lettori a proposito di questo libro mi hanno incuriosita tanto da spingermi a dargli una chance. Non mi spingerei ad affermare che si tratta di un romanzo avvincente e originalissimo, come alcuni hanno fatto, ma sicuramente colpisce come un pugno nello stomaco. Sicuramente ha colpito me.
Nella prima pagina il protagonista racconta in modo pacato e dolorosamente distaccato l’ultima volta che ha salutato i suoi genitori, quasi fuggendo giù per le scale, e nella terza afferma che i dieci anni trascorsi da quel giorno sono stati i migliori della sua vita. Ho avvertito in questo incipit una nota di irrevocabilità che mi ha mozzato il respiro e mi ha costretta a proseguire, anche se lo stile levigato, razionalizzante e chiuso alle emozioni dell’autore mi ha sempre tenuta a una certa distanza.
Nei dettagli quotidiani di questo romanzo ho ritrovato molto della mia famiglia: gli scoppi d’ira di un padre sconfitto dalla vita che pretende di essere perennemente risarcito da coloro che percepisce come suoi sottoposti, la resistenza tenace e inspiegabile di una madre-moglie che si annulla, accettando di essere niente per sentirsi qualcosa all’interno della triste normalità del patriarcato italiano, l’opposizione della figlia femmina (io) che fugge a gambe levate per non lasciarsi contaminare dal veleno strisciante che finisce per paralizzare il fratello (che io non ho avuto ma che avrei tanto voluto avere, nella speranza che sapesse difendermi), tanto da costringerlo a un doloroso lavoro su di sé una volta diventato ben più che adulto.
Le emozioni che hanno colorato il romanzo sono state, dunque, le mie. Il suo invito a immergersi nei ritmi della memoria, a colmarne i vuoti con l’immaginazione mi ha spinta a inserire tra le righe i miei dolori, i miei terrori, il mio rifiuto furibondo di sottostare a quell’immagine di donna che mia madre, vittima e complice allo stesso tempo e capace di una misteriosa forma di dominio passivo, ha cercato di cucirmi addosso.
Un romanzo che forse è un’autobiografia e forse no, che ha comunque il grande pregio di avermi costretta a riflettere su certe lealtà che alla fine non sono più legami, ma cappi che si stringono attorno al collo, su certe fughe che non sono mancanza di responsabilità, ma il gesto estremo di chi la propria vita se la prende finalmente in mano, su certi grovigli non visti e improvvisamente portati alla luce dalla memoria, grovigli che costituiscono i nodi attorno ai quali si affollano le nostre ferite infantili e si costruiscono le nostre identità.
Un’opera notevole, direi, anche se per certi versi scomoda e frustrante.
Voi cosa ne pensate?
Recensione di Cristina Quochi
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