Vince il Premio Campiello 2024 Federica Manzon con ALMA
“Alma” di Federica Manzon è stato un dono inaspettato: l’ho sfogliato distrattamente in libreria, attratto (sono il peggiore e più banale dei lettori) dalla copertina con colori pastello, l’ho acquistato per farne dono e poi invece me lo sono letto anche io.
Un libro che ha a che fare con la storia, ma forse più con la geografia. Un libro dentro e su Trieste l’anomalia, da dove l’Italia si sviluppa per longitudine, non per latitudine, così che gli altri italiani sono quelli che stanno a Ovest, anche Roma è la città dell’Ovest. Una Trieste che è sul Carso e nei buffet di San Giacomo, quartiere degli scia’i, più che nei palazzi nobili del centro, dove abitano i nonni di Alma, di ascendenza germanica.
Il padre la mette in guardia sul passato (in quella città “a forza di parlare di grandi scrittori, non ne sono nati più”): lui crede al socialismo al di là della fu-cortina di ferro. Alma gira la città e il porto insieme a Vili, “un fratello, un amico, un antagonista”, arrivato un giorno a casa sua da “di là”, dalla Jugo, fuggito da qualcosa che non si può dire.
Poi arriva la grande tempesta in Jugoslavia, spazza via le utopie di convivenza e progresso, getta i popoli nella trappola del proprio passato. E Alma si ritrova ad inseguire Vili per capire chi sia davvero. Lo segue fino al grigio di Novi Beograd, fino alla valle della Drina verde di acque e rossa di sangue.
Di Roberto Morandi
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