UNO, NESSUNO E CENTOMILA Luigi Pirandello

Uno nessuno e centomila Luigi Pirandello

UNO, NESSUNO E CENTOMILA, di Luigi Pirandello

“Pensate alla morte, pregate. C’è pure chi ha ancora questo bisogno…Io non l’ho più  questo bisogno; perché muoio ogni attimo, io, e rinasco nuovo e senza ricordi: vivo e intero, non più in me, ma in ogni cosa fuori “❤

“Uno nessuno e centomila” è un testo importante, capace di affrontare tematiche moderne, universali: Il concetto della relatività delle certezze, della fragilità e dell’insicurezza umana che ha bisogno di forme fisse e stabili. Quello, più banale, relativo al fatto che guardiamo spesso i difetti altrui senza accorgerci dei nostri.

 

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E ancora, la questione dello specchio rivelatore e allo stesso tempo falsificatore, elemento ricorrente nella letteratura otto-novecentesca (si pensi, ad esempio, all’importanza dell’oggetto in “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”).

La scoperta di essere nessuno da parte del protagonista -Vitangelo Moscarda- (come tutti noi del resto) senza i centomila volti disegnati da chi lo vede, è sconcertante e Pirandello, uomo che infrange la barriera del tempo (i suoi concetti sono universali e attualissimi) con tragica ironia ci mette di fronte al disfacimento dell’io e l’inevitabile conflitto tra uomini.
La realtà non è mai univoca, ma  mutevole e   continua negli occhi di chi ci guarda e di chi guardiamo. Eppure le maschere che ci appioppano e di contro appioppiamo rimangono cementare senza possibilità di rimozione, pena la follia.
Cercare di conoscere il proprio io e l’io altrui sarà  sempre l’atroce dilemma umano, non ci via di scampo.

Non pensate, comunque, che tale racconto possa essere letto soltanto a scuola o da una cerchia di “intellettuali”, no, assolutamente no. Dovrebbe essere letto da tutti perché pone delle tematiche cosi vere, cosi profonde che colpiscono tutta l’umanità, soprattutto  nel non  soffermarsi mai in superficie.

E, seppur vero che la questione (conoscere il proprio io) non sarà mai risolta, almeno si può entra nella consapevolezza di accettazione del proprio “falso” io e quello altrui, per il bene comune, senza giudicare troppo le apparenze, le forme, le incomprensibili “follie”, pur comprendendo che per far ciò bisogna sforzarsi di elevare la mente e il cuore al di sopra di ogni cosa materiale, cosa non facile e non è per tutti, ma almeno bisogna provarci. Quanti attriti e quanti malintesi si eviterebbero!

E ricordiamoci sempre che sotto le etichette, le maschere, tutti siamo tristemente dei nessuno, come ci fa ricordare con sagace umorismo il nostro caro Pirandello.

“Avrei potuto è vero consolarmi con la riflessione che, alla fin fine, era ovvio e comune il mio caso, il quale provava ancora un’altra volta il fatto risaputissimo, cioè  che notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri”

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